Esistono personaggi della storia dello sport che vivono in una dimensione troppo distante da noi per essere apprezzati. Talvolta facciamo perfino fatica a realizzare che siano esseri umani. E allora restiamo a guardarli da lontano, concedendo un timido applauso alle loro gesta.
Poi c’è Roger Federer.
Roger ha tracciato un solco, ha tracciato una linea indelebile, ha ridefinito il concetto di possibile e impossibile, di reale ed immaginario, di normale ed epico. Tutto con la semplicità di un ragazzo che utilizza il tennis come linguaggio universale, espressione massima di una bellezza senza tempo. Guardate Roger, con attenzione. Se vi abbandonate alla poesia dei suoi movimenti, non riuscirete più a distinguere dove finisce il braccio e dove comincia la racchetta. Guardate Roger e vi perderete nella fluidità del movimento, nella tenace e caparbia volontà di vincere e stupire, facendosi gioco dell’età e degli anni che passano inesorabili. Vi innamorerete delle sue lacrime, perché Roger ha dominato in lungo e in largo, ma molte volte ha perso e ha subito critiche.
Potete amare il tennis o fregarvene nella maniera più assoluta. Ma di fronte alla leggenda è saggio restare a bocca aperta, con rispettosa ammirazione.
Il re è tornato. E vivrà in eterno.