di Giulio Zampini
A sentire le parole di Antonio Conte in diretta da Colonia, il ciclo dell’Inter sembra essersi chiuso ancor prima di potersi aprire. Almeno per il tecnico nerazzurro, tanto freddo quanto cinico dopo la sconfitta con il Siviglia. Nelle sue parole si è palesata tutta la sua natura a 360°: la parte più decisa – «Io non faccio marcia indietro» – insieme a quella più veritiera – «Dopo un anno non è cambiato niente». E poi quel «Saluto tutti» finale detto più sinceramente del solito…
Conte in un anno di dichiarazioni
Cancellare l’aggettivo Pazza vicino alla parola Inter era uno dei primi obiettivi del tecnico leccese appena messo piede nel mondo nerazzurro. Una bandiera da issare fin da subito, come un astronauta appena atterrato sulla luna. Le metafore sembrano sposarsi alla perfezione: la squadra di Conte è stata lunatica nei risultati, con un sali e scendi di prestazioni che ha portato il club ad un passo dallo scudetto – seconda a meno uno dalla Juve – e un altro passo da un trofeo internazionale – finito in Spagna. Ma al momento di fare quel salto decisivo, l’Inter è scivolata – Verona e Bologna come esempi di campionato – e caduta – sul più bello, come contro il Siviglia.
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Nessuno prima di Conte, negli anni recenti, ha avuto dal mercato una mano così consistente. Sono di alto valore innesti come Lukaku, Barella, Sensi, Sanchez, Godin, Young, Moses ed Eriksen, o bombe a orologeria disinnescate come la cessione di Icardi e lo smistamento di Perisic e Nainggolan – considerati, dall’ambiente intorno al pianeta nerazzurro, più uomini di campo che di spogliatoio.
Guardare avanti, fare la guerra solo con se stessi e imparare dai migliori. Le sue dichiarazioni si sono trasformate prima in manifesti d’intenti e poi in slogan da bar. L’Inter è cambiata, nell’atteggiamento, per non cambiare, nei risultati. Conte divide – o con lui o contro di lui – e ama infrangere le regole per crearne di nuove. Ricorda Mourinho per quel suo tratto caratteristico di compattare la squadra di fronte alle difficoltà – basta citare le dichiarazioni post Bergamo, condite di elogi ai giocatori e tirate di orecchie alla società. Per le vittorie, invece, ripassare. Ma un dopo, per Antonio Conte all’Inter, ci sarà?
Il dopo-Conte
La sconfitta ha di certo influito sulle sue parole, ma il curriculum degli addii parla per sé. Sei anni fa Conte lasciò la Juventus per i dubbi legati al futuro del progetto tecnico, così come nel 2018 l’addio al Chelsea avvenne più per il logorio del rapporto con la società che per mere scelte di mercato. Adesso la storia può ripetersi. Il primo nome per sostituirlo sulla panchina nerazzurra è quello di Massimiliano Allegri, da un anno fermo ai box dopo la chiusura del ciclo vincente di Torino. Dopo aver portato Marotta e Conte a Milano, con l’arrivo del tecnico toscano la società di Zhang seguirebbe ancor di più le orme dei campioni d’Italia. Basterà, questo, per rispolverare la bacheca?