Romelu Lukaku, attaccante dell’Inter, ha rilasciato un’intervista a Sky Sports in cui si è soffermato su diversi temi.
MANCHESTER – «È stato difficile per me dal punto di vista professionale, perché le cose non andavano come volevo. Ho dovuto trovare dentro di me ciò che mancava, quindi ho capito che era il momento di cambiare ambiente. Avevo preso la mia decisione intorno a marzo: credo che separarsi sia stata la cosa giusta per entrambe le parti».
INTER – «I tifosi intorno a noi sono davvero eccitati, e noi come giocatori siamo concentrati perché l’allenatore è motivato e incoraggia ogni giocatore. Quando sono arrivato, nelle prime sessioni di allenamento, non ero abituato al lavoro fisico ma nessuno si lamentava e per me è stato qualcosa di speciale. Nessuno si allena tanto quanto noi e nessun giocatore si arrenderà dando quell’energia per continuare. Ciò dimostra l’intensità in campo: siamo la squadra che corre di più».
CONTE – «Ti dice dritto in faccia se stai facendo bene o male. Ricordo una delle mie prime partite in Champions League contro la Slavia Praga, nella quale avevo giocato davvero male. E lui mi rimproverò di fronte a tutta la squadra. Non mi era mai successo in carriera: mi disse che mi avrebbe cambiato dopo cinque minuti se avessi continuato così. Poi ho una giocato una delle mie migliori partite al derby: Conte ha rafforzato la mia fiducia e mi ha svegliato allo stesso tempo. Lo fa con tutti, non importa chi sei. Tutti sono uguali: lavori sodo, ti alleni duramente e giochi. E se non fai quello che dice, non giochi».
ALLENATORI – «Penso che lui come Roberto Martinez e Ronald Koeman abbiano ricevuto il meglio di me. E José Mourinho, se avesse avuto i giocatori che voleva, avrebbe fatto meglio di quanto ottenuto. Non posso non citare Steve Clarke, perché mi ha dato l’opportunità di giocare in Premier League a 19 anni. Lui come Ariel Jacobs, il mio primo allenatore all’Anderlecht che mi lanciò a 16 anni. Ricordo che mi chiamò a scuola dicendomi: ‘Devi venire con la prima squadra‘. Non ho mai avuto problemi con nessun allenatore, ciò dimostra la mia professionalità e la mia disponibilità a lavorare».
CARATTERISTICHE – «Penso di poter segnare con entrambi i piedi e di testa, sono pericoloso in area. E quando c’è molto movimento, all’Inter come in Nazionale, mi trovo al meglio con giocatori vicini a me. In particolare all’Inter devo occupare una certa posizione, ma alla fine hai delle opportunità. Con il Belgio invece ho molta più libertà».
RAZZISMO – «Penso che l’anno scorso sia stato un anno triste per il mondo in generale, sono accaduti molti incidenti specialmente nel calcio. Quest’anno dobbiamo fare meglio e agire. Dobbiamo educare le persone, l’istruzione è la chiave: sono fortunato ad essere stato in una scuola dove eravamo più di 50 nazionalità diverse. E io non ho mai discriminato nessuno: se sei gentile con me, io lo sarò con te. Questa è una lezione che insegnerò a mio figlio: nessuno è diverso, tutti sono uguali e bisogna rispettarsi. Se a qualcuno non piaci, semplicemente non parlargli. L’Italia è un Paese bellissimo dove vivere e ha un grandissimo potenziale per essere il campionato di una volta, ma occorre lavorare insieme per tenere gli ignoranti fuori dallo stadio. Quello che è successo a me, è capitato anche a Balotelli e Pjanic. E si è verificato anche in Olanda, quando ho visto una partita in seconda divisione. A quel ragazzo ho detto: ‘Hai fatto bene a uscire dal campo e festeggiare davanti a quegli ignoranti‘. Dobbiamo prendere in mano la situazione».