Nel 2014 l’Atlético Madrid si ritrova a dare del “tu” al Barcellona all’ultima giornata di campionato. Chi vince è campione di Spagna. Una partita ad altissima tensione, come ci confermerà tra poco il suo protagonista massimo. Proprio il suo colpo di testa deciderà per sempre quella stagione, suggellando il percorso della prima era dei colchoneros di Diego Simeone. Il nome è lo stesso, Diego, il cognome è Godín, leggenda uruguaiana e difensore che ha scritto la storia de LaLiga.
«Quando abbiamo vinto il campionato nello scontro diretto – ci racconta – c’era una tensione pazzesca nell’aria. Avevamo perso punti nelle giornate precedenti, soprattutto nelle ultime 3, e ci eravamo fatti rimontare», un ricordo indelebile: «Se chiudo gli occhi mi sembra di rivivere il momento in cui mi è arrivato il pallone di Gabi e ho segnato di testa. Era come una finale. E poco dopo avremmo avuto anche quella di Champions. C’era un nervosismo folle. Potevamo vincerlo nella penultima gara, in casa, ma non ci riuscimmo. Quel gol lo rivivrò per sempre».
La delusione in Champions e… quella marcatura a Messi
Godín è stato un giocatore totale, colonna dell’Atlético che ha perso la finale di UCL contro il Real Madrid e che ha dovuto marcare spesso gente come Lionel Messi e Cristiano Ronaldo. Proprio l’argentino è un avversario di cui conserva un ricordo: «Rinviai il pallone e con la coda dell’occhio ho visto che Messi si toccava il piede. Gli faceva male. Guardai Miranda e gli indicai il piede di Messi. Con il labiale gli feci segno: ‘Guarda, gli fa male, entragli duro’. Iniziammo a entrargli forte a ogni contrasto per non farlo giocare. Non per fargli male, ma perché era uno dei pochi modi per riuscire a fermarlo». La pagarono cara… dato che «mi ricordo che dopo la partita venni preso di mira e dovetti andare davanti alla stampa a spiegare la situazione. Mi accusavano di essere entrato in modo troppo duro durante tutta la partita. Era vero, ma sono cose di campo. Non era per fargli male».
Anche oggi il Barcellona e l’Atlético si contendono nuovamente il titolo, stavolta insieme al Real Madrid, come accaduto spesso nei suoi anni da colchonero: «La stagione in corso mi ricorda molto quella in cui abbiamo vinto LaLiga contro il Barça nello scontro diretto. Come nei migliori anni del mio Atlético, quelle tre là davanti sono tutte in lotta per il titolo». Una partita che arriva a pochi giorni dalla sconfitta nel derby agli ottavi di Champions League: «Fa male: c’era grande speranza di far bene, si percepiva. E quindi per questo è ancor più dolorosa. Non c’è motivo di buttarsi giù: l’Atlético adesso può vincere LaLiga. Non dimentichiamoci che quando gioca in casa, ha qualcosa in più».
Lavorare con Conte e l’esperienza in Italia
Godín è passato anche dall’Italia, sponda Inter, nella stagione 2019/2020. Alla guida dei nerazzurri c’era Antonio Conte: «Il primo anno in cui ti allena, ti cambia la vita. Tanti calciatori dopo due anni con lui fanno fatica perché è estremamente esigente. Ma quando l’ho conosciuto, ha cambiato il mio modo di vedere il calcio. Non avevo mai avuto un allenatore come lui. Abbiamo sfiorato lo Scudetto e perso la finale di Europa League. Ma soprattutto… Mi ha dato tanto fisicamente e tatticamente. Il suo modo di giocare è difficile da imparare, ma quando entri nei meccanismi diventi difficile da affrontare. Mi ha abituato a un altro modo di fare calcio. Si prende tutto di te, infatti spesso dopo un biennio alcuni singoli o le squadre iniziano a girare diversamente. Credo sia fisiologico. Sa darti tanto. È un allenatore molto passionale, vive tutto in modo caliente, sei fortunato se lo incontri». Ora il destino sta mettendo contro Conte proprio alla sua vecchia Inter, dove ha allenato Godín: «Il Napoli sta dimostrando che può togliersi una bella soddisfazione».