Se gli nomini Tolstoj o Dostoevskij lui risponderà con un sorriso. «I grandi classici della letteratura li ho letti tutti. Ora è la volta di Dante e della Divina Commedia». Jesse Joronen di professione fa il portiere, ma nella sua vita sono tante le passioni che esulano dal calcio. «Sono molto concentrato sul mio lavoro, ma nel tempo libero cerco di staccare. Leggo, viaggio e mi interesso alla storia. Ho la fortuna di vivere a Venezia, un museo a cielo aperto».
Joronen e l’hockey su ghiaccio. «Lì i portieri li infilavo spesso!»
Oggi infatti è uno dei punti fermi della squadra di Vanoli, in ripresa grazie a sette punti nell’ultimo mese. Jesse per i compagni è un riferimento per esperienza e personalità. Guida la difesa e sprona i compagni a dare tutto. Leadership al potere. Lui in porta e Joel Pohjanpalo in attacco. Ora come quattordici anni fa. «Andavamo nella stessa scuola, siamo entrati nel mondo del calcio insieme. Un allenatore ci vide giocare nel cortile e ci selezionò. Da lì è partito tutto». I ruoli erano già quelli, Pohjanpalo cercava di fare gol e Joronen di non prenderne. «Mi è sempre piaciuto tuffarmi e fermare gli avversari. La voglia di segnare? Solo quando gioco a Hockey sul ghiaccio. Fino a 15 anni ero anche a un buon livello, poi ho dovuto smettere per il calcio. Ma i portieri li infilavo spesso!»
Bici e Linkedln. «Mi sono iscritto a scuola guida, prometto che la prenderò»
Jesse è un personaggio in tutto e per tutto. Parla un ottimo italiano, ha appena compiuto trent’anni e non ha ancora la patente. Si muove in bici da sempre. «A volte mi portano i compagni, in particolare Busio che abita nel mio condominio. Ma mi sono iscritto a scuola guida, prometto che a breve mi impegnerò per prenderla». Sui generis anche in questo. Basta guardare i suoi social per capire il tipo. Instagram, Facebook e…LinkedIn. «Credo che mi possa servire in futuro, anche se non so ancora cosa mi piacerebbe fare dopo il calcio. Un’idea sarebbe quella di fare l’allenatore, come mio papà».
«A casa mia non importava a nessuno del calcio»
Ogni volta che cita la sua famiglia sorride e alza lo sguardo. «Quando torno a casa passo molto tempo con loro, non è facile vivere così lontani. Io posso dire di essermi fatto da solo, a casa mia infatti nessuno seguiva il calcio. Mio padre fa l’allenatore di atletica, le mie sorelle fanno sport tutti i giorni, ma nessuno è mai venuto a vedermi, neanche da piccolo». Prendeva la bici e andava lui al campo. «L’importante è sempre stato che io stessi bene e che mi divertissi, il come è sempre stato secondario».
Da Balo a Tonali, ricordi di Brescia
Prima di arrivare a Venezia, Joronen ha giocato tre anni a Brescia. «Anche li, ricordi bellissimi». Due flash in particolare. «C’erano molti compagni forti, ma Tonali e Balotelli erano di un’altra categoria. Con Mario ci fermavamo sempre dopo l’allenamento, lui calciava e io provavo a non fargli fare gol. È un ragazzo simpatico, che porta allegria allo spogliatoio. Su Tonali invece il discorso è diverso. Dal primo allenamento si vedeva che aveva qualità sopra la media, poi conoscendolo ho capito che aveva anche la testa per diventare grande. E infatti guarda dove è adesso».
Magari un giorno si affronteranno ancora. «Mi piacerebbe molto, certo». Jesse guarda al futuro senza paura, con gli occhi curiosi, pronti a scoprire ancora. «Mi piacerebbe girare l’Italia, viaggiare, scoprire. È un paese con una storia incredibile. Sarebbe bello farlo con la mia famiglia». Chissà magari le letture dei grandi classici gli torneranno utili, quel giorno in cui guiderà una comitiva di finlandesi spiegando alla perfezione le bellezze del nostro paese. In testa al gruppo, come fa sempre in campo. E a Venezia lo hanno imparato bene.