L’allenatore della Juventus, Maurizio Sarri, è intervenuto nella diretta sul canale YouTube della società bianconera. Ecco le sue dichiarazioni.
SCARAMANZIA – «Facciamo un lavoro che è talmente legato ad episodi, a tante situazioni che non dipendono solo da noi, che alla fine è normale essere un po’ scaramantici. Mi ricordo quando allenavo in Eccellenza toscana, prima della partita parcheggiavo sempre la macchina nel solito posto a fianco agli spogliatoi. I ragazzi se ne erano accorti e occupavano quel posto con un’altra auto. Un giorno dissi al giocatore che mi aveva fatto lo scherzo: ‘Hai tre minuti per spostare la macchina, altrimenti la sposto io un’altra maniera’. Lui non fece nulla, allora io uscii, inserii la prima e gli portai via la macchina, spostandola con la mia. Quella domenica alla fine vincemmo 2-0».
BAR – «Il bar era il luogo di ritrovo a Figline Val d’Arno. Succedeva di tutto. Un giorno eravamo lì seduti e il padrone vide un passante: ‘Quello sembra Dustin Hofman!’. Allora un altro mio amico che era seduto li a fianco a noi gli urlò, per scherzo: ‘Ehi Dustin!’. Si girò… ed era davvero lui! (ride, ndr). Scoppiammo a ridere tutti quanti. Poi venimmo a sapere che era ospite di Sting che da qualche tempo viveva lì vicino».
TEMPO LIBERO – «Sto riguardando qualche partita. A mente fredda si vedono cose diverse. Penso che l’estate la passeremo giocando. Ora è il momento giusto per staccare. Guardo anche qualche match del passato: il Milan di Sacchi era vent’anni avanti. Più che altro ora leggo: è il periodo dei gialli. In cucina me la cavo male, anche se negli ultimi tempi mi sta prendendo il desiderio di imparare qualcosa, ma il livello è scadente».
PIANGERE – «Ho pianto spesso nella mia vita, mai per gioia. Anche perché da quando sono passato ai professionisti ho vinto poco, da dilettante invece ho ottenuto sette o otto promozioni. In questo mestiere ci sono grandi gioie, ma anche grandi momenti di tristezza. Tante volte mi sono ritrovato alla sera a fare i conti con me stesso e lì è facile piangere, però secondo me il pianto non è sinonimo di debolezza, ma di forza, un momento da cui si cerca di ripartire».
MUSICA – «Quando riascolto la musica del passato, preferisco le canzoni dei Rolling Stones, quelle di Janis Joplin. I Beatles li ascolto poco. Mi ricordo, qualche anno fa, sentivo la musica che ascoltava mio figlio assieme ai suoi amici. Allora gli dicevo: ‘Avete mai provato a sentire le canzoni degli anni ’70?’ e loro mi rispondevano che ero vecchio. Oggi, invece, quando facciamo una cena tutti assieme, sono i primi a mettere quelle canzoni».
RAPPORTI UMANI – «Più vai in alto e più è difficile costruire un rapporto umano nel mondo calcio. Alla fine i ragazzi sono gli stessi, sia nei professionisti, sia nei dilettanti, cambiano solo le capacità tecniche e fisiche. Soltanto che nel professionismo ci vorrebbe più tempo per curare determinati aspetti. Ad esempio al Chelsea, ci sono stati molti mesi in cui il rapporto con lo spogliatoio era conflittuale, ma quando sono andato via hanno pianto in tanti, me compreso. Io sono uno che parla molto di quello che i ragazzi sbagliano e poco di quello che fanno bene. Per loro ha un impatto molto pesante, però poi ti riconoscono grande onestà. A distanza di anni tanti miei ex giocatori mi chiamano per chiedermi di tutto: dalla possibilità di entrare nel mio staff per fare un po’ di gavetta, ma anche per un consiglio sui rapporti con la famiglia».
JUVENTUS – «Siamo circondati dall’odio in qualsiasi parte d’Italia. Ma te ne accorgi soltanto una volta che sei dentro all’ambiente. Siamo sempre quelli favoriti dagli arbitri, poi se guardi i dati non è così. A Napoli mi hanno fischiato, dopo che io ho dato tutto nella mia esperienza lì: se non abbiamo vinto è perché sono scarso io. A Firenze, al Franchi, hanno insultato mia mamma. Però c’è da dire che in qualsiasi trasferta, una buona parte dello stadio tifa per noi, questo a testimonianza del fatto che c’è anche tanto amore per la Juve in tutto il Paese».
INGHILTERRA – «Là ci sono molte più opportunità e possibilità per i ragazzi, ma non ci vivrei mai. Sono legato alla mia terra, alla Toscana e voglio vivere qua. Quando parlavo con Zola gli dicevo: ‘Ma perché cazzo resti a vivere a Londra che sei sardo?!’. Quello che mi piace degli inglesi nel calcio è che là non ci sono mai cori contro l’avversario, ma soltanto per sostenere la propria squadra. C’è un clima bellissimo, hanno strutture bellissime, stadi sempre pieni, non c’è differenza di pubblico tra una partita di campionato e una di coppa. Da questo punto di vita mi manca un po’ la Premier: dopo che l’hai vissuta una volta, è normale».