In mezzo all’Oceano, c’è un puntino fantasma che sta festeggiando senza sosta da una settimana. Alle Isole Far Oer, quasi 1400 km a nord della Danimarca – di cui politicamente fanno parte – e a metà fra Islanda e Scozia, hanno imparato che si può sognare con e grazie al calcio. Ma cosa è successo? Andiamo con ordine e ricostruiamo. L’impresa ha un luogo e un tempo ben precisi. La città è Klaksvík, seconda delle isole per grandezza, 4mila abitanti. La squadra locale ha appena rifilato tre gol al Ferencvaros al primo turno di qualificazione alla prossima Champions League.
La vittoria del Klaksvík è fondamentale per le Isole Far Oer
«Quando siamo arrivati in città la gente ci fermava per strada per congratularsi. Dai bambini ai padri di famiglia, c’erano persone di tutte le età». I giocatori ce lo raccontano con la voce rotta dall’emozione, come se dovessero ancora realizzarlo. Anche lo stadio merita una menzione. Altra storia nella storia. Le montagne lo guardano dall’alto in basso, la baia lo circonda. È piccolissimo, 1500 posti a sedere e meno di 500 in piedi. Probabilmente verrà ampliato.
«Pensa che nello stadio in cui abbiamo vinto – la Groupama Arena di Budapest – sarebbero entrati tutti gli abitanti di Klaksvík moltiplicati per quattro. Non siamo abituati a giocare davanti a tante persone, ha fatto ancora più effetto vincere in un clima cosi. I loro tifosi hanno iniziato ad applaudirci e a fischiare i propri giocatori. Si era creata un’atmosfera surreale». Se non è una favola questa.
Costruttori, elettricisti, idraulici e impiegati
Se entri nello spogliatoio e chiedi chi gioca solo a calcio per vivere, si gireranno in pochi. «Facciamo tutti altri lavori – ci raccontano – e poi la sera ci troviamo al campo per allenarci. In otto facciamo gli elettricisti, poi ci sono anche idraulici, costruttori e impiegati. Il nostro capo in azienda è anche membro dello staff. Dopo questa vittoria gli potremmo chiedere un aumento!». Basta guardare i loro sorrisi mentre ne parlano per percepire le emozioni. Con un grazie speciale al pallone, che permette al mondo di scoprire le Far Oer, che altrimenti per molti rimarrebbero un nome complicato scritto nell’Oceano in una mappa dell’Europa. Lì le case hanno i tetti in erba, per strada incontri cartelli con al massimo un’indicazione e il 90% dell’export del paese è il pesce.
Da Elettricista a Buffon delle isole
C’è poi un’altra storia che merita di essere raccontata. È quella di Jonathan Johansson, portiere imbattuto in Ungheria. Elettricista di giorno, Buffon delle Far Oer di notte. E pensare che un anno fa aveva deciso di dire basta. «Il calcio non mi da più stimoli, smetto». Poi un giorno arriva una chiamata, di quelle fatte per stravolgerti i piani e regalarti un’altra occasione. ‘Verresti alle Far Oer a fare il secondo portiere?’
All’altro filo del telefono c’è Magne Hoseth, allenatore del Ki Klaksvik, che con Jonathan ha giocato anni fa in Norvegia. «Ho accettato subito, anche se non è stato semplice. Facevo l’elettricista a tempo pieno e in più giocavo in una squadra di amatori con i miei amici. Facevo il difensore centrale e non me la cavavo neanche male». Adesso l’obiettivo sarà passare il prossimo turno contro l’Hacken, la squadra di Göteborg, che è la città di Johansson. Altro incrocio. Li tifava da bambino, ora ci giocherà contro in un preliminare di Champions League. Due agosto, cerchiato in rosso nel calendario, come si fa i giorni più importante della nostra vita. Dovrà solo aprire gli occhi e realizzare che è tutto vero. Magari in questo caso, un po’ di luce, gli sarebbe d’aiuto.