Per convincerlo è bastata una videocassetta con un filmato dalle immagini sgranate. «Prendilo, può giocare ovunque e non ti creerà problemi. Ti farà comodo, fidati». Siamo luglio del 2015, da una parte del telefono c’è Sergio Berti, dall’altra Marcello Carli, allora direttore sportivo dell’Empoli. Il ragazzone del video – che incanta tra recuperi e inserimenti – è Rade Krunic, 185 centimetri di muscoli e garanzie. Anche se la strada da percorrere per arrivare in alto non è sempre stata spianata. Ci arriveremo.
«Sembrava si accontentasse, la grinta è emersa con il passare del tempo»
Krunic arriva a Empoli con la faccia da bravo ragazzo e la voglia di spaccare il mondo. «A volte era addirittura troppo timido, sembrava si accontentasse. Gli dicevo che doveva tirare fuori personalità e cattiveria. Ci è riuscito con il passare degli anni». Marcello Carli lo racconta così, felice per lui e per le soddisfazioni che si sta togliendo. Nel tempo Rade è diventato un giocatore completo, duttile e pronto in ogni situazione. Da riserva di lusso a uomo in più. Pioli ora se lo gode. «Se ne parla sempre troppo poco, è un ragazzo fantastico». Aveva detto dopo il passaggio del turno contro il Napoli. Difficile non farlo, anche se Krunic è uno che ha sempre lavorato in silenzio, avversario di riflettori e interviste. Parla poco, lascia che sia il campo a farlo.
«Scusi direttore, vado al Milan»
Chiunque lo abbia conosciuto si sofferma su un aspetto, l’educazione. «Pensa che prima di andare al Milan, avevamo fatto una chiacchierata su un suo possibile passaggio al Cagliari. Me lo volevo portare con me e lui sembrava convinto. Poi è arrivato il Milan e ovviamente è andato lì. Ma dopo la chiusura della trattativa con i rossoneri mi ha chiamato due volte per scusarsi. Non tutti lo fanno, ma è un esempio che rende l’idea del personaggio». Riconoscenza. Anche Pioli ne ha spesso esaltato i valori umani, ancor prima di quelli tecnici.
Krunic, il tuttofare da Empoli a Milano
È uno che dove lo metti sta, senza protestare o tirare mai indietro la gamba. Con il Milan ha fatto il terzino, l’esterno, il mediano, la mezzala e il trequartista. L’uomo ovunque, in silenzio e mai in copertina. Anche se dopo partite come quella di Napoli se la meriterebbe. Anche a Milano, come del resto a Empoli, Krunic ha portato a termine un percorso. In entrambi i casi è partito in sordina, gli è servito del tempo per ambientarsi e prendersi la scena. All’Empoli era chiuso da Paredes, Saponara e Zielinski, poi piano piano ha iniziato a sgomitare e si è fatto largo. Al Milan stessa cosa. A centrocampo davanti c’erano prima Kessie e Bennacer, poi l’algerino e Tonali. Lui si è sempre fatto trovare pronto all’occorrenza: in mezzo, basso a sinistra o alto a destra. Non fa differenza. L’importante è correre e lottare. Lì si esalta e combatte. Non è più il ragazzino che sei anni fa arrivava con emozione e timidezza, oggi è l’uomo in più del Milan di Pioli semifinalista di Champions. E se ne sono accorti tutti, anche senza riflettori.