La doppietta di Ibra al ′Tardini′: il Dio svedese che camminava sulla pioggia

by Redazione Cronache

di Leonardo Maldini

Stagione 2007/08, sembra tutto apparecchiato per il trionfo nerazzurro, il 27 febbraio 2008 Zanetti pareggia il gol di Totti, l’Inter va a più 9 sulla Roma. Un gol che gli interisti non dimenticheranno facilmente. Il loro capitano, Zanetti, all’ultimo minuto segna da fuori area contro i diretti rivali per lo scudetto. Sarebbe, oltretutto, stata la prima sconfitta in campionato per i nerazzurri di Mancini, spostata, in realtà, solo di qualche settimana. Visto come stavano andando le cose, per lo scudetto sembrava questione di tempo, ma non è stato così. Serve lui, Zlatan Ibrahimovic, l’uomo scudetto.

Da quel gol di Zanetti succede di tutto all’Inter. 

I nove punti di vantaggio vengono ben resto resto dilapidati, prima Zalayeta punisce i nerazzurri al San Paolo, poi due turni dopo l’Inter si ferma a Genova con un 1-1 contro i rossoblu, prima della sfida interna contro la Juventus finita 2-1 per i bianconeri.

L’infortunio

Il 31 marzo Zlatan Ibrahimovic si ferma per un problema al ginocchio che lo costringe a stare fuori per più di 3 settimane. È pressoché un calvario, Roberto Mancini ha già annunciato l’addio a fine stagione dopo la disastrosa sfida col Liverpool in coppa, l’Inter pareggia con la Lazio poi perde il derby alla giornata numero 36 per 2-1, vedendo arrivare la Roma a meno 4, 81 punti contro 78. Al peggio non c’è fine, la gara scudetto contro il Siena vede Materazzi prendere un rigore dalle mani di Cruz e fallirlo al minuto 78, parato da Alexander Manninger. La gara termina 2-2, mentre la Roma batte l’Atalanta ed è a meno 1.

In tutto questo pellegrinaggio a piedi scalzi manca lui, l’Uomo Scudetto, Zlatan Ibrahimovic, ai box.

Dio si fermò a Parma

«Domenica a Parma vieni con noi, anche zoppo», le parole che Mancini dice ad Ibra. Lo svedese, si sa, non è uno che si tira indietro. Il 18 maggio 2008 Zlatan è in panchina insieme a Toldo, Burdisso, Pelè, Crespo e Jimenez. La Roma è a Catania, contro la squadra allenata da Walter Zenga. Bastano 8 minuti e Mirko Vucinic porta in vantaggio i giallorossi, è sorpasso, lo scudetto prende la via di Roma. L’occasione di Morrone sventata di piede da Julio Cesar e, soprattutto, il vantaggio dei giallorossi, virtualmente scudettata, a Catania, unica diretta concorrente in chiave salvezza, illusero i padroni di casa che, sotto una pioggia incessante, riuscirono a resistere per l’intero arco del primo tempo e furono salvati solo una volta da Pavarini, autore di un prodigioso intervento su Cruz allo scadere. Nel diluvio del Tardini, con Mancini all’ultima panchina, serve il tocco del Dio svedese. Minuto 51, fuori Cesar, dentro Zlatan Ibrahimovic con un ginocchio malconcio.

«Chi se ne frega, facciamolo», dice lui, primo tiro, fuori di poco.

Minuto 62, Ibra prende palla, sa che se vuole vincere deve far da sé, controllo, finta, tiro e palla in rete con Pavarini battuto, la pioggia aumenta, ma l’Inter è in vantaggio.

Minuto 79, Maicon crossa, Ibra al volo segna, 2-0, scudetto in nerazzurro, Parma in Serie B, ma Zlatan ha deciso così, è lui il miglior giocatore al mondo secondo lui.

L’Inter è campione d’Italia e contemporaneamente il Catania ferma sull’1-1 la Roma, con l’aiuto di un altro interista, Walter Zenga. Ibra decide quindi  anche un altro verdetto. Il Parma andrà in Serie B, fallendo poco tempo dopo. Ma non c’è nulla da fare, Dio vede e provvede. Non è bastata un’intera città, una società, colma di tradizione calcistica e di trofei a livelli europei, 22 giocatori tutti fissati nell’unico obiettivo di non perdere una gara. Non è bastato tutto questo per fermare Dio Zlatan.