Nel giorno del suo 75esimo compleanno, l’ex presidente dell’Inter Massimo Moratti ha scritto una lunga lettera ai tifosi nerazzurri pubblicata sul sito ufficiale del club di Suning.
AL CENTRO DEL PENSIERO – «Non ho mai perso il sonno prima delle partite più importanti ma spesso, quasi sempre, l’Inter è stato l’ultimo mio pensiero prima di addormentarmi».
ARRABBIATURA – «La responsabilità di guidare la società è sempre stata accompagnata dal sentimento nei confronti di questi colori. Le sconfitte fanno più male di quanto facciano bene le vittorie, perché sono più dure da dimenticare. Però ho sempre guardato avanti con fiducia. Paradossalmente, arrivavo persino a prendermela con il presidente, quando le cose non andavano bene, come avrebbe fatto un qualsiasi tifoso appassionato, pur sapendo benissimo che il presidente ero io. L’arrabbiatura più grossa, quella in cui mi sono fatto sentire perché pensavo fosse doveroso e necessario, sia stata quella dopo l’eliminazione per mano del Manchester United nella Champions League del 2009. I derby che ti ricordi di più, però, sono quelli più sofferti».
LA CHAMPIONS DEL 2010 – «Kiev e Londra sono state due tappe fondamentali di quella cavalcata. In Ucraina non andai. Avevamo di fronte quel Shevchenko che ci aveva sempre dato parecchio fastidio. Con il Chelsea, invece, è stata la vera prova di maturità. Di Barcellona-Inter si ricorda spesso il fischio finale, la mia esultanza ricomposta subito nel saluto al presidente del Barcellona. Ma qualche minuto prima, senza gli occhi addosso delle telecamere, era successo qualcos’altro. Ho sentito una fitta al cuore. Il tempo si è fermato. Non ho percepito più alcun rumore. Ho visto l’arbitro fare un passo, girarsi e indicare la punizione. Solo in quel momento il tempo ha ricominciato a scorrere, i colori sono tornati. Alla mia destra Joan Laporta era scattato in piedi, esultante. Io, seduto. Gli ho afferrato il braccio sinistro: “Lo hanno annullato”, gli ho detto. Sì, il gol di Bojan era stato annullato».
LA FINALE DI MADRID – «Io, al fischio finale al Bernabeu, ero solamente felice. Ho provato una gioia piena, completa. Con Mourinho ci siamo incontrati due giorni dopo: l’ho invitato a cena a casa mia, a Milano. Gli ho fatto trovare un discreto centrotavola: la Champions League, nella quale entrava alla perfezione un regalo straordinario, il mio nipotino nato da poco. È stata una serata piacevolissima, di grande affetto, nella quale ci siamo detti quel segreto di cui tutti parlavano ma che noi non avevamo mai affrontato prima, perché era giusto così».
IL PRESENTE – «Tutto questo succedeva 10 anni fa. Non sono svaniti i ricordi, non sono sbiadite le emozioni. Alla guida dell’Inter, ora, c’è una famiglia che ha la nostra stessa passione. Steven Zhang mi ha più volte ribadito il suo orgoglio nell’essere il presidente di questo club: è giovane, intelligente e sensibile. Ed è interista. C’è una sola parola che può descrivere al meglio gli interisti: innamorati. Ne abbiamo tutte le qualità, i difetti e i pregi. Il nostro è un amore incondizionato per i colori nerazzurri. Sarà così per sempre».