Quando finisce una storia, cala il sipario e tutto intorno si dipinge di nero. Domande taglienti cominciano ad affollarsi nella mente, problemi ai quali non avevamo mai pensato, sui quali non ci eravamo soffermati. È servito a qualcosa? Tra cento anni ci sarà qualcuno che si ricorderà di me?
Tra le migliaia di ore spese a rendere il calcio un mondo migliore, ricorderemo sempre i momenti più duri. Sentiremo bruciare i muscoli e i polmoni, quella tremenda sensazione che ci trascina a terra, che ci costringe a fare i conti con la fatica. Ma il calcio è sempre stato il posto in cui rifugiarsi e dimenticare. Il luogo in cui la sofferenza è purificazione, in cui il talento vive appena al di là dei sogni più complicati e la forza è il pane quotidiano. Abbiamo ricordi meravigliosi da condividere con i nostri compagni di battaglia, e li abbiamo tatuati sul cuore. Proprio là dove nessuno può vederli e giudicarli con la superficialità che ci ha sempre infastidito.
Amiamo la maglia perché quando ci osserviamo di sfuggita allo specchio prima di entrare in campo ci sentiamo parte di essa. Avete presente quel leggero formicolio che si sente appena la indossiamo? Ho sempre creduto che fosse dovuto allo schifoso tessutaccio sintetico. Invece no. È la maglia che chiede di legarsi per sempre alla tua pelle. Se non lo farai, sarà in grado di punirti. Ti lascerà addosso quel profumo che rimpiangerai quando non sarai più in grado di correre e di vivere le emozioni che ti hanno segnato. Ti farà lacrimare se si sentirà tradita. Ma se lo vorrai. sarà tua per sempre.