La definizione più decisa su Gianluca Mancini l’ha partorita Federico Guidi, l’allenatore che insieme al classe ’96 ha alzato al cielo lo Scudetto Giovanissimi Nazionali nel 2011: «È sempre stato un ragazzo a cui la palla tra i piedi non bruciava», un elemento essenziale se giochi nel reparto di centrocampo. Paulo Fonseca e la Roma lo hanno riscoperto, togliendo la polvere da sopra un baule pieno di risorse. La nuova intelaiatura della formazione giallorossa, falcidiata da 15 infortuni, trova le prime risposte nella nuova posizione del calciatore acquistato in estate dall’Atalanta. Un ritorno al passato che tanto oro può portare in termini di rendimento.
È lo stesso Guidi ad anticipare il concetto: «Mancini nasce centrocampista centrale, poi diventa difensore per catapultarsi nel calcio dei grandi». Perché quando Paulo Sousa lo mise davanti alla difesa nel ritiro di Moena, sembrava quasi che dovesse tappare un buco in attesa dell’arrivo dei big. E Gianluca non rendeva, no. Tanto che il prestito sembrò l’epurazione di un altro giovane che, arrivato al momento del salto, non ce la stava facendo. Era tutto propedeutico, parte di una crescita che dallo Scudetto vinto da mediano lo aveva portato a debuttare in amichevole, a Malaga, da centrale al fianco di Stefan Savic, posizione per la quale venne convocato per quattro panchine in Europa League da Vincenzo Montella.
Non sono stati tutti fiori. Fonseca pensa alla conferma in copertura sul centrocampo e lui guarda al passato. Come quando arrivò a Perugia, in prestito, venendo gettato nella mischia e immedesimandosi alla perfezione in un debuttante astro nascente, fino a quell’errore a San Siro che spianò la strada al Milan. Pierpaolo Bisoli, suo allenatore, lo protegge, centellinandone il minutaggio. Quella è stata la vera chiave di volta che non lo fece passare dalle stelle alle stalle. Anzi, dalle stelle al riscatto. Controverso, da parte del Perugia, con una vicenda che porterà Fiorentina, umbri e Atalanta in tribunale. Addirittura Gianluca Comotto, uomo di fiducia dei biancorossi, litigherà e successivamente approderà in viola grazie all’amico Pantaleo Corvino, che chiude i rapporti con il Grifo. E anche Fiorentina e Atalanta smetteranno di parlarsi: il mancato riscatto di Marco Sportiello passa proprio da Mancini.
Insomma, è una storia che si perde per vie traverse, ma Gianluca è sempre lì. Presente. Finché ce n’ha, sta lì, come canta Ligabue per i mediani. Solo che lui si impone al centro della difesa. «Quando a Firenze andavo in Prima Squadra, pensavano fossi il figlio di Roberto», ha raccontato. Il ragazzo si è fatto e a Roma lo hanno capito. «Nemmeno oggi mi dico di avercela fatta». Contro il Napoli ha eretto un muro a fianco di Jordan Veretout. A fine partita, mentre tutti festeggiavano, Gianluca si è avvicinato a Tiago Leal, tattico di Fonseca, iniziando a dibattere su come migliorare la prestazione. Mentalità. E futuro.
Roma-Napoli 2-1.
I giocatori festeggiano la vittoria, #Mancini invece si ferma a parlare con Tiago #Leal, il tattico di #Fonseca: cinque minuti ad analizzare i movimenti che non erano riusciti in partita, nonostante la prestazione da 8 in pagella.
Mentalità vincente.#ASRoma pic.twitter.com/09VPxJGLbN
— Jacopo Aliprandi (@AliprandiJacopo) November 3, 2019