Ungheria-El Salvador, la peggior disfatta della storia dei Mondiali

by Giuseppe Pastore
ungheria el salvador 10-1

Fino a quel giorno, nessuno era mai stato costretto ad aprire entrambe le mani per contare i gol segnati da una sola squadra in una partita dei Mondiali, la massima espressione del calcio planetario. Al massimo si era arrivati a nove, nel 1974, quando la Jugoslavia aveva sommerso 9-0 il povero Zaire. Le Colonne d’Ercole della Doppia Cifra furono attraversate per la prima (e tuttora unica) volta al Nuevo Estadio di Elche, la sera del 15 giugno 1982, dall’Ungheria. Non la migliore delle Ungherie: nemmeno paragonabile allo squadrone del 1954 e nemmeno a quello del 1938, entrambi vice-campioni del mondo. Eppure in grado di passare alla storia con una sola partita, in una sola notte, contro El Salvador.

Ungheria – El Salvador 10-1

Spagna 1982 è iniziato da tre giorni e ha già vissuto lo choc della sconfitta dei detentori argentini, battuti 1-0 dal Belgio. Nel pomeriggio il misterioso Camerun, all’esordio assoluto in un Mondiale, ha bloccato sullo 0-0 il quotato Perù e c’è dunque grande attesa attorno alle cosiddette cenerentole, il cui numero è aumentato a dismisura dopo la riforma della FIFA che con l’allargamento a 24 squadre ha aperto il portone del Mondiale a tante Nazionali di seconda e terza fascia.

Ben venga El Salvador, allora, che oltretutto ha eliminato a sorpresa il favoritissimo Messico nelle qualificazioni nord-americane. E il Salvador – attraversato in quei mesi da una terribile guerra civile tra le forze armate governative e i guerriglieri del Fronte Farabundo Martì, raccontata in un film di Oliver Stone del 1986 – non fa mistero di voler dare spettacolo e divertire sulle ali del suo miglior giocatore: Jorge Gonzalez detto el Magico, fantasista totale, artista della culebrita, una specie di elastico ante-Ronaldinho, che sarà atteso da una buona carriera in Spagna, attraversata da centinaia di aneddoti tra realtà e leggenda.

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Uno specchietto per le allodole di una Nazionale gestita in modo piuttosto amatoriale da una Federazione corrotta e incapace, che non s’è fatta problemi a convocare due giocatori in meno (20 invece che 22), pare per finanziare il tour delle capitali europee dei principali dirigenti federali con rispettive consorti. La squadra è arrivata in Spagna solo pochi giorni prima dell’esordio, senz’aver ancora del tutto smaltito il jet-lag, istruita in maniera appena sommaria sulle tre avversarie del girone, di cui i giocatori hanno visto a stento una videocassetta.

Venti minuti di fuoco

Date queste premesse, rimane molto deluso chi si aspettava una partita divertente, combattuta e sorprendente come l’Algeria-Germania 2-1 che il giorno dopo rappresenterà uno dei colpi di scena più clamorosi della storia dei Mondiali. L’Ungheria prende i salvadoregni per il bavero della maglietta e li sballotta a suo piacimento per novanta minuti. Dopo ventitré minuti siamo già 3-0, punteggio con cui si concluderà il primo tempo; il più avvilito è il portiere Guevara Mora, un diciassettenne dipinto come un fenomeno dal ct “Pipo” Rodriguez, bucherellato senza pietà da Nyilasi, Pölöskei e Fazekas. A quel punto il ct sbilancia ulteriormente la squadra sostituendo l’infortunato Rugamas con una terza punta, Ramirez Zapata, soprannominato per ignoti motivi el Pelé.

Le consegne sono chiare: attaccare! L’Ungheria, che come da luoghi comuni sul calcio danubiano non difetta di scaltrezza, approfitta nel secondo tempo delle praterie lasciate dagli sprovveduti avversari per segnare altri sette gol, tre dei quali del subentrato Laszlo Kiss, attaccante del Vasas Budapest, unico giocatore di un Mondiale a segnare tre gol partendo dalla panchina nonché tripletta più veloce della storia del torneo: sette minuti, dal 69′ al 76′. L’unica gioia è il gol dell’1-5 segnato proprio da el Pelé Zapata e festeggiato con un entusiasmo genuino e un po’ imbarazzante forse anche per qualche compagno. La doppia manita non servirà all’Ungheria nemmeno per superare il girone: troppo più forti il Belgio vice-campione d’Europa e l’Argentina di Maradona, a braccetto alla seconda fase a gironi. Il Salvador, invece, imparerà quantomeno la lezione, votandosi a una strategia più prudente nelle due successive partite, due onorevoli sconfitte contro i Diavoli Rossi (0-1) e l’Albiceleste (0-2).

La paura peggiore

Non basterà per un ritorno a casa dignitoso, in un Paese martoriato che sperava almeno nella gioia effimera di una bella figura della propria Nazionale. Il ritorno a casa non sarà gradevole soprattutto per il povero portiere Mora, rapidamente caduto in disgrazia: un brutto giorno finirà mitragliato da una ventina di colpi di fucile mentre si trova in macchina, uscendone per fortuna illeso. “Al rumore del primo sparo iniziai a dimenarmi in cerca di un riparo. Quando tutto finì, mi ritrovai lungo sdraiato sul sedile posteriore. Non ho mai capito come ho fatto ad arrivarci.

C’erano buchi di proiettile su entrambe le fiancate: credo che a salvarmi siano stati Gesù e la Vergine Maria”. Esattamente come lo Zaire 1974, anche il Salvador 1982 cadde vittima di una rovinosa sconfitta figlia di ingenuità, inesperienza, mancanza di senso del pericolo. Non è mai più tornato a un Mondiale e in quelle calde settimane divenne il simbolo vivente delle contraddizioni e delle storture di un Mondiale allargato a 24 squadre essenzialmente per ragioni geo-politiche: e nel frattempo le partecipanti sono raddoppiate, perché nel 2026 saranno 48…