A coloro che sostengono che tutti i giocatori preparino la partita allo stesso modo preferiamo non rispondere. Evidentemente non hanno mai frugato dentro al borsone di un difensore, per capire come ogni spazio abbia il proprio significato, come ogni indumento sia stato scelto per una precisa motivazione. E come sia decisamente diverso dal borsone del centravanti.
Troveranno il loro spazio le scarpe a 6, sporche sulla suola del fango accumulato nella precedente battaglia, con tacchetti scintillanti, alti, infiniti. Perché da lassù il mondo fa molto meno paura.
La maglietta della pelle sbiadita e stracciata in più punti, corazza imbevuta di ricordi inestimabili fatti di trattenute e gomitate, nella strenua lotta che va in scena nell’area di rigore per non subire gol e per fare capire chi comanda.
Il parastinco bucherellato, un po’ fuori moda, che odora di vita, consumato dalle scivolate e dai giri di nastro appiccicato da chissà quanto tempo.
La voglia di vincere tutti i contrasti. Tutti, soprattutto il primo. Il difensore centrale sa bene che si troverà di fronte trottolini rapidi e rognosi, oppure giganti a quattro ante, ma dovrà sempre adattare il suo gioco alle caratteristiche dell’avversario. È un ruolo di cuore, ma anche di estrema intelligenza.
La grinta. Il coraggio che dovrà essere più grande di ogni di timore. Del timore di sbagliare un anticipo, del timore di perdere la marcatura, del timore di prendere un giallo dopo 5 minuti, del timore di sbattere il muso contro il destino avverso.
C’è un universo fiero ed immortale che racconta il calcio più bello. Lo troverete aprendo il borsone del difensore, perché là dentro ci troverete la sua vita, senza bugie o giustificazioni.
Maleodorante, umida, a volte sgradevole. Ma incredibilmente vera.