Quello che è successo a Lecco, e al Lecco, dopo la promozione in Serie B è l’ennesimo fatto grottesco e assurdo del nostro calcio. Una società che dovrebbe giocare nel secondo campionato italiano e che invece rischia di ritrovarsi tra i dilettanti, in Serie D, senza che di mezzo ci siano criticità economiche. Vediamo nel dettaglio che cosa è successo nelle scorse settimane.
Il Lecco è tornato in Serie B dopo i lunghissimi playoff di Serie C, che constano di 28 squadre e durano quasi 40 giorni. Mancava dal campionato cadetto da 50 anni, lo ha ritrovato dopo il 5-2 complessivo rifilato al Foggia nella finale di andata e ritorno, con doppietta decisiva di Franco Lepore che abbiamo intervistato.
Il Lecco tra Serie B e Serie D
La nuova categoria, attesa da una vita, non è a rischio per i conti, che nel caso del Lecco sono apposto, ma per la questione stadio. Lo stadio Rigamonti-Ceppi, infatti, non è a norma, non è abbastanza capiente per la Serie B che prevede un minimo di 5.500 posti a sedere (il Rigamonti-Ceppi ne ha 4.995). In più bisognerebbe ammodernare servizi minori tuttavia fondamentali per l’iscrizione, come l’infermeria, gli spogliatoi, i tornelli all’ingresso, l’impianto d’illuminazione, e sistemare la viabilità attorno allo stadio.
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A quanto pare, il Lecco aveva trovato un accordo di massima con il Monza, che però è saltato per motivi non meglio precisati. Con certezza non si sa quale siano le ragioni, anche se è chiara la situazione delicata del club brianzolo, che potrebbe essere venduto dopo la scomparsa di Berlusconi.
Fatto sta che, secondo le parole del patron Paolo Di Nunno, il Monza s’è tirato indietro all’ultimo minuto e il Lecco ha avuto appena 48 ore di tempo per cercare uno stadio ‘di riserva. A LCN Sport Di Nunno ha detto: «Ho sentito Galliani venerdì pomeriggio, e mi aveva detto di pensare prima a vincere la finale e che dopo avremmo discusso della questione stadio. Io ho vinto, ma lui poi non mi ha più voluto parlare: mi fa parlare solo con l’avvocato. Dice che quando piove il terreno si bagna e poi non regge partite di due squadre. Ma io giocherò di sabato, e lui di domenica: a volte il contrario e non sempre ravvicinati. Ma ormai mi ha detto di no».
A quel punto il Lecco ha trovato porte sbarrate a Brescia (che tra l’altro è in lizza per l’eventuale ripescaggio in B), Novara e Vercelli e ha dovuto riparare a Padova, a 236 chilometri di distanza. Ma non è stato sufficiente nemmeno questo per via della burocrazia che prevedeva una serie di pareri positivi da allegare alla richiesta, come per esempio il via libera della Prefettura che è arrivato solo mercoledì mattina.
Tempi troppo stretti tra playoff e iscrizione
Qui, però, entra in gioco anche l’atteggiamento del Lecco, che non si è cautelato chiedendo una proroga (in realtà, vedremo più avanti, non è chiaro cosa sia accaduto) né ha presentato la domanda di iscrizione alla Serie C, e quindi si ritrova senza campionato col serio rischio di ripartire dai Dilettanti. Farà ricorso? Probabilmente sì, ma non sarà facile forzare la mano rispetto a scadenze molto chiare, senza contare i legittimi diritti delle squadre che si troverebbero ripescate. Una vicenda grottesca da qualunque punto la si guardi, anche dal punto di vista dei regolamenti federali pachidermici.
Oltretutto i play-off di Serie C erano già originariamente slittati di due settimane, dovevano iniziare il 27 aprile e hanno preso il via solo l’11 maggio, con conseguente slittamento di tutte le partite fino alla finale – mentre le scadenze per l’iscrizione ai campionati quelle no, sono rimaste immutate. Tra ricorsi e controricorsi la vicenda minaccia di trascinarsi per tutta l’estate, vi terremo aggiornati.
In tutto questo si inserisce anche il mistero legato a una mail Pec contenente la richiesta di proroga che il Lecco dice di aver inviato martedì 20 giugno e che risulterebbe essere arrivata alla Lega B il 22.