Sette gol nel girone d’andata con la Sambenedettese nel 2020/21, 9 nel girone di ritorno con l’Entella (2021/2022). Tutto questo senza la giusta continuità, con la sola consapevolezza di essere uno dei migliori attaccanti della Serie C. Poi a Pescara, guarda caso con Zeman allenatore, ecco la consacrazione. Facundo Lescano, attaccante classe ‘96 in forza alla Triestina, l’anno scorso è stato il vero mattatore del Girone B di Serie C. 20 gol a referto, fiducia massima nei propri mezzi e l’ambiente giusto al momento giusto. La storia dell’attaccante argentino è una di quelle che vanno raccontate, perché era arrivato a un passo dal sogno chiamato Serie A; anzi l’ha pure raggiunto quel traguardo. Poi però qualcosa è andato storto e Lescano ha dovuto fare un passo indietro. Ora sembra essersi ritrovato ed è più carico che mai. Ha già segnato 2 reti, e fornito 2 assist, in 4 partite di campionato.
La stagione migliore di Lescano
«L’anno scorso è stato senza dubbio il migliore della mia carriera. A livello personale e di squadra. Io sono riuscito a farmi trovare sempre pronto, ho segnato 20 gol e realizzato 6 assist. La squadra ha lottato fino all’ultimo e siamo stati eliminati solo ai rigori in semifinale play-off». Facundo è stato un punto di riferimento, leader tecnico della squadra e idolo della piazza. A parte qualche partita saltata per piccoli problemi fisici a cavallo tra dicembre e gennaio, è sempre stato titolare, e ha sempre segnato. In panchina ha trovato Zeman, allenatore che, si sa, con gli attaccanti ha un feeling speciale. I suoi consigli sono stati preziosi e lui ne ha fatto tesoro, mettendoli in pratica: «Ricorderò sempre che una settimana, in allenamento, mi martellò sul tiro in porta. Mi disse che avevo grande forza, ma che a volte non serve voler spaccare la porta. Mi aiutò a provare certe dinamiche e quella domenica, a Catanzaro, in casa della capolista, segnai due gol. Uno di questi ovviamente con un tiro di piatto piazzato. Non dimenticherò mai i suoi consigli».
Nonostante fosse sempre andato in doppia cifra, almeno nelle ultime quattro stagioni, Lescano non ha goduto della giusta continuità nelle precedenti esperienze. La sua perseveranza però lo ha aiutato a non mollare mai e ora ne sta raccogliendo i frutti. La sua è stata, finora, una carriera particolare, fatta di alti e bassi. Il momento migliore probabilmente è arrivato il 10 gennaio 2015.
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Toccare il cielo
È una fredda notte di gennaio e allo ‘Stadio Olimpico Grande Torino’ i granata affrontano il Milan di Pippo Inzaghi. Con i suoi sotto per 0-1 ecco la mossa di Ventura: dalla panchina fa entrare il giovanissimo attaccante Lescano. «È stato il momento più bello della mia vita. Entrare in Serie A, per di più contro il Milan di Inzaghi. Ho giocato circa 10 minuti e, subito dopo il mio ingresso in campo, Glik ha pareggiato. Emozioni uniche». All’epoca è capitano della Primavera del Torino, che vince il campionato, uno dei migliori prospetti italiani ed esordisce nella massima serie. Tutto fantastico, ma questo può rivelarsi ingestibile per un ragazzo giovane. «Se potessi tornare indietro farei scelte diverse. Dopo la Primavera decisi di andare a giocare in C, ma non andò bene e nel giro di un anno e mezzo mi ritrovai a fare la Serie D in Sicilia, all’Igea Virtus. Ora preferirei rimanere, da fuoriquota, un altro anno in Primavera».
In precedenza aveva frequentato solo ambienti professionali come il settore giovanile del Genoa e, appunto del Torino. Probabilmente ha pagato lo scotto di doversi confrontare con situazioni diverse, soprattutto a livello societario. Dopo l’anno in Serie D, in cui segna 15 gol, lo prende il Parma, all’epoca ripartito dopo il fallimento. Inizia così una serie di prestiti che lo porta addirittura in Olanda, nella seconda serie.
L’esperienza all’estero
«Ero di proprietà del Parma, e mi venne proposta questa opportunità. C’erano grandi premesse e inizialmente mi trovai benissimo. Poi però la società non mantenne la parola data e tutto cambiò». Lescano parte benissimo, realizza due gol nelle prime quattro partite. Tuttavia, di punto in bianco, il Telstar decide di dare spazio ai propri giocatori di proprietà, mettendo in secondo piano ogni giocatore in prestito. «È stato un peccato, perché c’erano i presupposti per fare molto bene. Là giocano un calcio molto fisico, meno organizzato, ma con grande intensità. Il livello era alto, c’erano squadre come il Twente, lo Sparta Rotterdam e tutte le seconde dei grandi club».
Tutto sommato comunque è stata un’esperienza che lo ha fatto crescere come calciatore e, soprattutto come uomo: così ha vissuto in tre paesi diversi e ha conosciuto culture differenti. A partire dalle sue origini, che si porta dentro e a cui tiene tantissimo.
Sangue argentino
«Sono arrivato in Italia a 9 anni. Sono cresciuto qui e amo questo paese. Ma non posso dimenticare da dove vengo. Sono nato e cresciuto in Argentina, tutta la mia famiglia e i miei amici vivono là». Ha vissuto, da 9 anni in poi, a Lecce e guarda caso i ricordi principali riguardano proprio la squadra allenata da Zeman. «Da piccolo andavo a vedere il suo Lecce allo stadio e agli allenamenti. Ricordo ancora quanto era diventato forte Vučinić grazie al Mister».
A volte il destino fa incontrare le persone al momento giusto. Chissà che tutte le difficoltà e gli ostacoli affrontati in carriera, siano serviti a Lescano per arrivare nel 2022 a Pescara, dove ha incontrato Zeman. Ne è uscito da capocannoniere e ora ha gli occhi degli addetti ai lavori puntati addosso. Ha dimostrato di non sentire la pressione e se chi ben comincia è a metà dell’opera, in questa stagione ci sarà da divertirsi.