L’incredibile storia dell’Anzhi: il club russo che ha sognato di vincere tutto

by Redazione Cronache

di Andrea Sperti

Sulejman Kerimov è un magnate russo che nel 2011 ha pensato bene di entrare nel mondo del calcio, acquistando una squadra del suo Paese d’origine per portarla in alto, sia in campionato che in Europa.

Quella che vi stiamo per raccontare, infatti, è la storia dell’Anzhi, una compagine nata ad inizi anni ’90 e che per circa 3 stagioni ha vissuto un sogno, cercando in tutti i modi di venire alla ribalta europea.

Prima dell’arrivo di Kerimov

Fino a 9 anni fa, questa formazione rappresentava la città di Makhachkala e vivacchiava nel campionato russo, passando dall’Europa, conquistata grazie ad un quarto posto ottenuto nel 2000, alla Seconda Divisione, finalmente superata con la promozione del 2009. I tifosi erano passionali ed amavano la loro squadra, ma da queste parti nessuno si aspettava troppo dalla società. Ad un certo punto, però, la musica è cambiata e grazie al ricco uomo d’affari sopracitato la formazione si è arricchita di grandi giocatori, sebbene molti di questi siano arrivati già nel finale di carriera.

Dal 2011 al 2013: acquisti ed ambizioni del club

Nel 2011 il primo ad arrivare è stato Roberto Carlos, terzino ex Real Madrid svincolatosi dopo l’ultima esperienza in Brasile. Il contratto faraonico propostogli dal presidente lo ha convinto a lasciare il Sud America ed intraprendere una nuova avventura in Russia, con una squadra dalle grandissimi ambizioni.

Negli anni a venire sono arrivati tantissimi calciatori di qualità, sia esperti che giovani in rampa di lancio. Jucilei, Diego Tardelli, Yuri Zhirkov, Balázs Dzsudzsák, Mbark Boussoufa e soprattutto Samuel Eto’o, campione camerunense ancora fresco di Triplete conquistato con l’Inter. L’attaccante ex Barcellona ha firmato un contratto senza precedenti, che per diverso tempo lo ha fatto diventare il calciatore più pagato al mondo grazie ai circa 21 milioni di euro a stagione di ingaggio.

Nel 2012, dopo che anche Roberto Carlos si era dilettato nel ruolo di allenatore e giocatore, è arrivato nel club russo il guru dei tecnici stravaganti, l’olandese Guus Hiddink. Con il suo arrivo il livello della squadra è cresciuto ulteriormente, sebbene la campagna acquisti non sia terminata con l’ingaggio del manager ex Corea del Sud. Con lui, infatti, sono arrivati anche il difensore Christopher Samba, il centrocampista Lassana Diarra e l’attaccante Lacina Traorè.

Le due qualificazioni ottenute in Europa League, in ogni caso, sono state troppo poco per tutti gli investimenti effettuati. Nemmeno gli arrivi di Willian e Kokorin hanno di fatto migliorato la situazione, nonostante uno storico passaggio agli ottavi di Europa League ottenuto in un girone complicato. In campionato, a dire il vero, è andata anche peggio, con Zenit e le compagini di Mosca che hanno sempre avuto la meglio nel finale di torneo.

L’inizio della fine

Ad un certo punto, poi, gli investimenti del magnate Kerimov sono terminati, con l’imprenditore russo che ha chiuso i rubinetti a causa della crisi che ha colpito la Uralkali, la sua compagnia leader in quegli anni per l’estrazione dl potassio.

I giocatori di maggior spessore hanno iniziato ad andare via, abbandonando una nave che dal quel momento in poi ha imbarcato acqua da tutte le parti. Anche Hiddink, non appena ha fiutato la situazione poco chiara, ha deciso di lasciare il club, dimettendosi dall’incarico di allenatore. La retrocessione dell’anno seguente, nonostante l’incredibile passaggio agli ottavi di Europa League, ha così sancito la fine del sogno di questa piccola grande squadra, che per qualche anno ha creduto di poter competere con le grandi del calcio nazionale ed internazionale.

Il presente non è all’altezza dei ricordi

Ora? Adesso l’Anzhi si trova in Terza Divisione e prima del Coronavirus rischiava addirittura la retrocessione tra i dilettanti. L’età media della squadra è di circa 21 anni e nessun big, ovviamente, ha deciso di restare in quel lembo di Russia.

Questa favola, senza un lieto fine, ha però una morale ben radicata al suo interno: i soldi non fanno vincere i trofei senza un progetto serio e gente competente che sappia come spenderli.