Il c.t. campione del mondo 2006 ,Marcello Lippi, intervenuto al ‘Festival dello Sport’, ha parlato ai microfoni di TMW della sua carriera e di alcuni temi di attualità.
Sulla gavetta: «Si fa ancora, ma succede anche che chi in carriera da calciatore mostra grandissimo talento, intelligenza e conoscenza, non ne ha bisogno. Come Andrea Pirlo. Se io non l’avessi fatta, se non fossi anche passato da Napoli, non avrei mai potuto allenare la Juventus».
Su Pirlo: «Talento, lo ha sempre avuto e lo avrà anche da allenatore: vuole dominare il campo e sa comunicare con i top player. Notizia molto importante, questa, per la Juve. Se la squadra non dovesse raggiungere i suoi obiettivi, non sarà certo per colpa sua, per colpa del fatto che manca di esperienza».
Su Gattuso: «Quello in cui mi rivedo maggiormente. Lo identificano tutti con l’agonismo e la cattiveria, invece le sue squadre giocano molto bene. Vuole la ripartenza dal basso con qualità, somiglia abbastanza a me. Al Mondiale mi prese per il collo: dissi che sarei andato via e lui mi venne addosso».
Su Moggi: «Prima di un Napoli-Roma mi disse che la Juventus mi voleva a Torino. Settimana successiva ci trovammo con Giraudo e Bettega per firmare il contratto».
Sulla finale di Champions: «Ci arrivi con giocatori molto motivati, noi non vincevamo il campionato da dieci anni e quando iniziammo il lavoro pre-season c’erano tante cose da migliorare. Mi arrabbiavo quando andavamo indietro e non avanti, chiedevo pressione e gioco. Da quando ingranammo, non ce ne fu più per nessuno. Tanta roba quello che abbiamo conquistato. Difendeva anche Del Piero, correvano tutti, era bella quella Juventus. Quando sono tornato abbiamo rivinto e raggiunto ancora la finale di Champions. Massacrammo il calcio spagnolo con le vittorie su Deportivo La Coruña, Barcellona e Real Madrid. Con Nedved, quella finale contro il Milan nel 2003 non l’avremmo sicuramente persa».
La notte del Mondiale le ha cambiato la vita?: «Sì, anche se era addirittura cambiata nel 2004 appena cominciata l’avventura in Nazionale con un gruppo fantastico. Avevo detto che ero giunto in azzurro per vincere il Mondiale e non era affatto sbruffoneria. Dissi ai ragazzi che per vincere il Mondiale non bastava battere la Slovenia e la Bielorussia, perciò organizzammo tre amichevoli top e lì ci rendemmo conto che in Germania avremmo potuto farcela per davvero. Contro i tedeschi dissi che eravamo insuperabili e in finale ero convinto che avremmo vinto. La Francia ci aveva già battuto ai rigori e al golden gol, questa volta però, pur soffrendo molto, toccava a noi».
Su Cannavaro: «Ha vinto anche il FIFA World Player che è anche più importante del primo Pallone d’Oro. Un fuoriclasse, uno che anche fuori dal campo risultava determinante per le vittorie».
Su Totti: «Dopo l’infortunio al perone andai a Roma e gli dissi che avrebbe fatto il Mondiale con noi. Anche non era al 100%, ma gli dissi che lo avrebbe fatto. Ci credevo molto».
Su Gilardino: «Un giocatore importante e serio. Un riferimento costante per la squadra. Che fiuto per il gol, il suo».
Su Perrotta: «Un giocatore che faceva la doppia fase come pochi».
Su Zambrotta: «Si strappò l’adduttore alla Juventus prima di comprare Camoranesi, ma quando tornò, per non dover scegliere tra i due, lo feci adattare alla corsia di sinistra. Dopo un mese crossava meglio con il mancino che il piede naturale, diventando poi tra i tre esterni più forti al mondo».
Sull’alternanza di Immobile e Belotti in Nazionale: «Ottimi giocatori, ma Mancini ha grandi alternative ed è stato bravo a creare un gruppo molto largo. Ha fatto capire agli allenatori dei club che la Nazionale ha un ruolo di primo piano. Oggi il 65% dei giocatori in A sono stranieri e perciò selezionare è ancora più difficile. Questa Nazionale gioca un bellissimo calcio. Lotterà per vincere all’Europeo come tutte le top, per una questione di storia e tradizione. Di DNA, insomma. Non c’è motivo perché non possa crescere nelle individualità, i Caputo della situazione matureranno anche a livello internazionale e possono ambire a fare risultati».
Sulla Cina: «Nessuno prima di me aveva condotto una squadra cinese alla vittoria della Champions League asiatica. Ho cercato di far capire loro tante cose, dicevo che dovevano creare settori giovanili allora inesistenti, ora tutte le società lo hanno a partire dall’Under-13. C’è l’obbligo di far giocare tre Under-21 in prima squadra».
Chi è il più grande mai allenato?: «Zidane. Come Pirlo sa comunicare con i grandi. I top in panchina non vincono con il pressing o il raddoppio di marcatura, ma convincendo i grandi giocatori a seguirli. Così vincono i grandi allenatori».
Sul futuro: «Non farò più l’allenatore. Se vengono a crearsi una serie di condizioni, qualcosa farò. Ma è presto per annunciarlo, prima dobbiamo sconfiggere il virus. Assurdo che il mondo non si unisca per trovare una cura permanente».