Una città di 150mila abitanti che fa della passione viscerale un pezzo di DNA. Il sentimento del mare, certo, catalizza Livorno. Ma tutta questa appartenenza necessita di una valvola di sfogo. E quella valvola è, sicuramente, lo sport. Vuoi nel basket, dove la Libertas e la Pielle sono seguitissime dando anche vita a derby da soli-out, e vuoi nel calcio, dove da troppi anni i tifosi stanno soffrendo l’assenza dal professionismo: sono passati 10 anni dall’ultima volta in Serie A, che non sono mai sembrati così lontani.
Nel 2021 a Livorno è scomparso anche il professionismo. L’A.S. Livorno Calcio viene esclusa dalla Lega Nazionale Dilettanti e non si iscrive a nessun campionato. In estate viene fondata l’Unione Sportiva Livorno 1915 S.S.D. s.r.l., ammessa in sovrannumero al campionato di Eccellenza. Arriva subito 1º nel girone B di Eccellenza, ma 2° nella Poule Promozione: viene promosso in Serie D a seguito della revoca della promozione al Figline per illecito sportivo. Sembra l’inizio di una scalata facile, ma in D per nessuno è così semplice: 5° nella prima stagione, 4° nella seconda, ovvero la scorsa. Ma quest’anno la musica sembra essere cambiata.
Il Livorno che si avvicina a piccoli passi al ritorno nel professionismo, adesso sta spingendo. In squadra c’è il capitano, Andrea Luci, che ha rinunciato al professionismo scendendo in Eccellenza per riportare la squadra della città in cui vive la famiglia tra i grandi: «Dal 2020 ero alla Carrarese, perché dopo il fallimento amaranto c’era un bivio: o smettevo, o accettavo di spostarmi da Livorno dopo dieci stagioni. Ho accettato la sfida e ho trovato un ambiente fantastico. Ma già dopo un anno, il Livorno mi ha chiamato. Solo che avevo un accordo con la Carrarese e non mi sembrava giusto. Mi avevano anche dato la fascia di capitano. Dopo qualche mese, a gennaio, si è ripresentato l’occasione. Era da un anno e mezzo che vivevo lontano dalla famiglia, che era rimasta qui, e ho preso la decisione di tornare», ci aveva raccontato.
Per la squadra che punta ai professionisti con la vittoria della Serie D, nella campagna acquisti estiva c’è stato un altro ritorno: Federico Dionisi, già al Livorno tra la A e la B dal 2009 al 2013. Ed è stata la scelta giusta: a 37 anni ha segnato 6 gol in 10 partite, non partendo sempre titolare, in 474 minuti (una rete ogni 79’ in campo). «Sono tornato per raccogliere questa sfida – ci ha raccontato – perché vedere il Livorno distante tra i professionisti è un dispiacere, merita altri palcoscenici», lui che ha sfidato del grandi del calcio italiano in maglia amaranto. Ha ritrovato Livorno «intatta nel suo amore per la squadra, sia nel clima che nella gente, ho ritrovato quella piazza che ho lasciato, nonostante la categoria», e nonostante i sostenitori labronici non sempre possano andare in trasferta a causa di limitazioni imposte, dovute a volte anche a motivi di ordine pubblico, riempiendo impianti di provincia in sovrannumero. Ma d’altronde la passione dei livornesi è così.
«Meritano gli spazi giusti per preservare l’anima di questo sport», ci dice Dionisi, che suscita curiosità nello spogliatoio raccontando le sue esperienze e trasmettendo «il valore di giocare nel Livorno». Sicuramente, tra i ricordi, «c’è il play-off con l’Empoli e tutta la Serie A, c’era una grande unione grazie alla gente, ho avuto anche dei punti di riferimento importanti come Lucarelli», che a Livorno è un’istituzione. E poi ci sono le avversarie: il Livorno è attualmente primo, con 5 punti di vantaggio sul Ghiviborgo, nonostante abbia perso lo scontro diretto per 1-4. «Siamo forti, non ci possiamo nascondere», ammette Dionisi, «e ogni partita ha insidie e difficoltà perché le nostre avversarie danno la vita quando ci affrontano, e questo aumenta del 20% il pericolo per noi di incappare in un risultato negativo». La Serie D è complicata: «La differenza di valori in A era più ampia, chiaramente, la D non è semplice».
L’allenatore è uno specialista della categoria: Paolo Indiani, «una piacevole scoperta per me, una persona che ha vinto tanto e che quando parla, sa cosa dice». La speranza è quella di tornare presto tra i professionisti, in Serie C. La voglia di una piazza importante che si sta nuovamente avvicinando alla squadra: «I livornesi hanno paura di farsi male, di soffrire ancora. C’è una curva bellissima e allo stadio ci sono sempre più persone, incontro tifosi che conoscevo 10 anni fa che mi dicono ‘Dai, dalla prossima torno anche io allo stadio’, c’è un forte riavvicinamento». Anche se tutti gli chiedono: «Federico riportaci in A!». Quella A in cui, come presidente, c’era Aldo Spinelli, un genovese diventato livornese: «La prima volta che mi vide eravamo in spogliatoio. Mi chiese chi fossi. E io pensai: ‘Ma come, mi hai comprato tu!’. Mi fece: ‘Ah Dionisi, belin sei forte tu!’. E tutti a ridere». Il Livorno, che negli anni delle penalizzazioni di Calciopoli arrivò a giocare un play-off di Coppa UEFA, vuole tornare tra i grandi.