L’avvocato Lookman avrebbe obiettato l’ammonizione di Doveri. Un momento… l’avvocato? Nessun errore. Se l’esterno della Dea non avesse fatto il calciatore avrebbe frequentato legge e poi chissà. Sua madre lo vedeva in tribunale con la toga nera e un grande eloquio, maestro dell’arringa e dell’accusa, ma il talento l’ha reso un calciatore.
L’uomo che guarda
Domenica ha segnato il terzo gol in campionato ed è stato ammonito per un fraintendimento. Lookman fa leva sul cognome – «l’uomo che guarda» – ed esulta mettendosi le mani davanti agli occhi. Doveri, pensando a uno sfottò contro i tifosi dell’Udinese, ha estratto il giallo alla Dacia Arena lasciando tutti un po’ così, spiazzati. «Ma come – avrà detto Ademola, ingenuo e spaesato – esulto così da dieci anni…». Pazienza. Intanto ha punto ancora, terzo squillo in nove partite. Gasperini è già pazzo di lui: «L’ho notato appena arrivato…». Tradotto: uno così farà divertire. Del resto era così anche al Charlton, prima piazza della sua vita in terza divisione, il club che l’ha strappato da un quartiere difficile e l’ha portato nel grande calcio. Lookman giocava in Sunday League con il Waterloo FC, un nome che per gli inglesi vuol dire vittoria.
Quartiere difficile
A scuola era bravino, fioccavano buoni voti soprattutto in storia e in matematica. «Sono sempre stato in grado di distinguere ciò che è giusto da cosa è sbagliato». Quartiere tosto il suo. Lookman è cresciuto tra Peckham e Camberwell, zona est di Londra, un posto dove impari a crescere in fretta. «C’erano dei giorni in cui non avevo abbastanza cibo in tavola, mia madre si è presa cura di tutti». Con due figlie in Nigeria, un marito a Lagos e un figlio con la fissa del pallone, mamma Lookman era sempre a caccia di lavoro. Una trottola in giro per Londra senza mai far pesare nulla a nessuno: «Faceva le pulizie in un’azienda. Doppi turni continui per non farmi mancare nulla». Il calcio è stata una stella polare. Un giorno, a 16 anni, un osservatore del Charlton capita per caso in un campetto di periferia e vedere giocare il giovane Ademola, esterno guizzante dal buon passo. «Stavo per fare domanda per il college, ma la mia vita è cambiata».
Il punto esclamativo
Quando gli chiedono di raccontare quel giorno tira fuori la fede: «È stato Dio, ne sono sicuro». Dopo un paio di annate nelle giovanili debutta in League One, la terza divisione inglese. Il tutto dopo aver visto un paio di partite di Dele Alli all’MK Dons: «Mi ci portò Karl Robinson, l’allenatore del Charlton. Vedeva molte somiglianze tra di noi». Nel 2016, dopo due stagioni da ‘Catch me if you can’, l’Everton sborsa 10 milioni di sterline e lo porta in Premier League. Il primo gol lo segna in Coppa contro il City, entra sul 3-0 e mette il punto esclamativo. «Il giorno dopo avrei dovuto giocare con l’Under 23, ma l’allenatore mi disse che da lì in poi sarei rimasto in prima squadra». Rivincita. A proposito di Waterloo. Nel 2017 ha vinto il Mondiale U20 con l’Inghilterra di Tomori, ma dall’anno scorso rappresenta la Nigeria. Il paese dei genitori.
L’isola felice chiamata Dea
Il giro d’Europa è passato anche per Lipsia, cinque gol nel 2017-18, prima del ritorno in Inghilterra dopo un’annata da 0-0 nella vecchia Germania Est. Voluto da Rangnick, in Bundesliga non si è mai ambientato. Lo score dice 5 reti in 24 partite. A Londra, sul Tamigi, si fa notare anche per un cucchiaio sbagliato contro il West Ham, parato da Fabianski con un mano sola. Dopo un ottima stagione in prestito al Leicester, 8 gol in 42 partite, arriva la chiamata della Dea, un giardino di casa dove esprimersi. «Non importa dove e con chi sono, giocare a calcio mi fa stare bene». E Gasperini se la ride.