Un tema ampiamente dibattuto nelle ultime settimane. Dai pareri degli esperti (medici e psicologi) a quelli degli addetti ai lavori (rispettivi allenatori e compagni di squadra), in tanti hanno parlato a proposito della ludopatia di Tonali e Fagioli. Due ragazzi normali, idolatrati e ammirati da migliaia di tifosi che hanno, inevitabilmente, commesso degli errori. Per provare a capire i motivi delle loro scelte, quelli che li hanno spinti a scommettere, abbiamo parlato con Nicolò Ferrari, mental coach che ogni giorno lavora al seguito di calciatori professionisti. «I fattori scatenanti che portano i giovani a scommettere sono la mancanza di stimoli e di passione, che si uniscono alla noia. Spesso fuori dal campo la vita del calciatore è piatta, e questo è un problema. O hai una profonda passione per il calcio e per il tuo miglioramento personale, oppure anche il calcio stesso diventa pesante e si cerca di evadere».
È possibile progredire se non si conosce il proprio obiettivo?
In tanti si sono chiesti come sia possibile che due ragazzi così giovani, così talentuosi, potenzialmente ‘con il mondo nelle loro mani’ abbiano potuto commettere ingenuità del genere. Purtroppo alla ludopatia, malattia riconosciuta e pesante, subentrano fattori legati alla monotonia e, forse, alla mancanza di reali ambizioni professionali: «Faccio spesso riferimento al famoso ‘BluePrint’ (il progetto di vita) di cui parlò Martin Luther King, perché oggi è difficile trovare calciatori che abbiano chiaro il proprio percorso e il proprio obiettivo. Incontro e parlo con calciatori tutti i giorni e vi garantisco che è raro sentire qualcuno mirato, educato, rispettoso e mentalizzato verso il proprio percorso di crescita».
Questi calciatori, e ancor prima ragazzi, sono in via d’estinzione e nel calcio di oggi faticano ad emergere. Spesso si trovano a far parte di ambienti ostili, dove prevalgono certi tipi di interessi, e per coloro che hanno una grande dedizione, applicazione e passione, questi possono essere ambienti negativi. O al contrario, soprattutto nelle Primavere delle squadre di Serie A, spesso ci sono giovanissimi ragazzi che hanno ancora tanto da dover dimostrare, ma sono già strapagati. Questo indubbiamente li porta a perdere il vero valore del denaro e, in alcuni casi, fa credere loro di essere già arrivati al top quando invece c’è ancora tanta strada da fare.
«Oggi spetta solo a loro farsi forza e continuare a credere nelle proprie potenzialità. Anche per questo i ragazzi oggi hanno bisogno di aiuto, di figure competenti al loro fianco».
Qual è la situazione italiana?
Quello che sta succedendo in Italia nel calcio è qualcosa che colpisce tutti. Ma non si tratta solo di scommesse, perché bisogna chiedersi cosa porta dei ragazzi di 21/22 anni a compiere determinate azioni. I dati dicono che la ludopatia è sviluppata per il 42% nella Generazione Z (dai 14 ai 19 anni).
«Una domanda che facciamo spesso ai ragazzi è: Ma se tu non giocassi a calcio cosa faresti? Molti non riescono a rispondere a questa domanda. Perché realmente non hanno altre passioni forti che li aiutino a distrarsi e a rilassare la mente nei momenti liberi». La noia e l’assenza di altri interessi però non vanno generalizzate ed estese a tutti, o usate come alibi o scuse per i gravi errori di Tonali e Fagioli. La cosa certa però è che la vita di un calciatore di quel livello non è così facile come sembra. Non fraintendiamoci, i calciatori sono fortunati e privilegiati e fanno il lavoro più bello del mondo. Allo stesso tempo però sono sottoposti a costanti critiche e giudizi e hanno sempre gli occhi puntati addosso. Ogni partita sono chiamati a dare il massimo e devono avere una cura maniacale per il proprio corpo e, come abbiamo potuto notare, per la propria salute mentale.
«Pensate di dover fare sempre la stessa cosa, la stessa routine, senza weekend liberi, ripetutamente dall’età di 15 anni fino arrivare ai 35/40 anni. Le esperienze di vita oltre al calcio si riducono a zero. Essere immersi costantemente nel giudizio e nelle critiche, che al giorno d’oggi possono arrivare in qualsiasi modo. A volte l’unico reale divertimento è spendere i soldi che si guadagna».
Difficoltà fisiche o mentali?
Nicolò, insieme al suo team, segue da vicino tanti calciatori, dalla Serie A alla Serie C. Lavora quindi tutti i giorni con atleti professionisti e conosce bene il prezzo che i giocatori devono ‘pagare’ per poter vivere quella vita: «Spesso ci sentiamo dire dai calciatori che seguiamo che sono stanchi mentalmente. Non è una stanchezza dovuta al lavoro fisico; piuttosto una stanchezza dovuta alla monotonia. Appena le cose si appiattiscono ecco che le energie vengono a mancare. E cosa può riempire quel serbatoio se non l’adrenalina? Scommettere può essere stato un modo per questi ragazzi per trovare adrenalina extra».
L’aiuto esterno, come nel caso di Nicolò, può rivelarsi fondamentale per i calciatori, giovani o esperti che siano. Circondarsi di professionisti qualificati in grado di far vedere le cose in modo diverso: «Quello che cerchiamo di fare con il nostro lavoro è educare i giocatori a trovare il vero piacere nell’essere atleti. Nell’appassionarsi, nel conoscere cosa può dare il proprio corpo e capire fino a che punto può spingersi. Vogliamo aiutarli a capire che hanno enormi potenzialità, dentro e fuori dal campo. Creiamo assieme a loro dei progetti personalizzati per portare soddisfazione e dare un significato più profondo a quello che stanno facendo».