È curioso che Salto, la seconda città per popolazione dell’Uruguay, si trovi a 500 km dalla capitale Montevideo. Proprio sulla sponda sinistra del fiume Uruguay, che segna il confine internazionale con l’Argentina. In pratica, per pochi lembi di terra chi nasce a Salto non è argentino. Pensiamo a Luis Suárez, Edinson Cavani e Bruno Fornaroli, tutti nati lì nel 1987. Il terzo fece flop alla Sampdoria nel 2008, gli altri due hanno vinto la Copa América nel 2011 dopo aver eliminato proprio l’Argentina ai quarti. Sta di fatto che a Salto, a luglio 2016, si è inaugurata una statua di Suárez. Ritrae il Pistolero con la maglia de La Celeste indosso e il pallone tra i piedi. L’autore Alberto Saravia ne scolpì una simile per Alcides Ghiggia, eroe del Maracanaço. Ecco, la statua di Suárez è stata vandalizzata lo scorso 22 settembre da tifosi del Peñarol che stavano festeggiando il 131° compleanno del club. «Fa male – ha dichiarato Saravia – l’hanno fatto perché Luis ha segnato nel Superclásico».
LEGGI ANCHE:
Edinson Cavani e Luis Suárez sono la coppia di attaccanti puri più forte di sempre?
Que disimulen un poco el dolor que les causa Luis Suárez pic.twitter.com/TqdyTKa8tl
— Out of context Nacional (@oocNacional) September 28, 2022
Gol, testate e morsi tra Europa e Sudamerica
Facciamo un passo indietro. Lo scorso 24 luglio, nell’isteria collettiva di un trasferimento sognato come pochi altri, Luis Alberto Suárez Díaz firma col Nacional. Ha lasciato da svincolato l’Atlético Madrid di Simeone ed è tornato a casa 16 anni dopo. La trattativa è breve ma folle: per 5 giorni su Twitter domina l’hashtag #SuarezEnNacional, mentre il presidente del club José Fuentes vola personalmente a Madrid. È fatta: il 35enne, miglior marcatore uruguagio della storia con 520 gol, torna in patria a 35 anni. Aveva iniziato qui a 14 anni, a 16 si è fatto notare per una testata a un arbitro, poi ha esordito nel 2005 a 18 anni e al primo anno ha vinto il campionato uruguagio col Nacional. Lascia il club a 19 anni, dopo 48 partite e 15 gol. E diventa il Suárez che conosciamo: da Groningen all’Ajax, quindi Liverpool, Barcellona e Atlético. Tantissimi gol, il tridente con Messi e Neymar, il morso a Chiellini e quell’esame di italiano “sostenuto” a Perugia nel settembre 2020. Tantissimi trofei, 21, di cui 13 a Barcellona: quattro volte La Liga, altrettante Coppe del Re, due Supercoppe di Spagna e una UEFA, Champions e Mondiale per club nel 2015. Oltre alla già citata Copa América vinta nel 2011, con gol suo e doppietta di Diego Forlán in finale col Paraguay.
🏆🆙#ElClubGigante 🔵⚪️🔴 pic.twitter.com/csknTucV14
— Nacional (@Nacional) October 18, 2022
Il Nacional campione d’Uruguay
Per questo, il ritorno di Luis Suárez al Nacional era così speciale. Del resto, il Club Nacional è una società storica, nata nel 1899, tre volte campione di Libertadores e Intercontinentale, con ben 49 titoli d’Uruguay in bacheca. L’ultimo nel 2020, il quarantottesimo. Ora, quest’anno il Nacional era secondo in classifica nel torneo d’Apertura, dietro al Liverpool di Montevideo. Poi però si gioca il torneo di Clausura, da luglio gioca pure Luis Suárez e tutto cambia: il Pistolero fa 6 gol e 3 assist in 15 partite, il Nacional vince 10 di quelle 15 partite e così diventa campione di Clausura. Serve battere il Liverpool Montevideo per diventare campione d’Uruguay: si gioca il 30 ottobre, vince 4-1 il Nacional e Luis Suárez fa doppietta. Ecco il 49° titolo, finalmente. Che in realtà è il 164° titolo nella storia del Nacional. Nel segno del Coniglio. Con buona pace dei tifosi del Peñarol, a cui l’ex Atlético ha segnato lo scorso 4 settembre. E che, per vendicarsi, ne hanno distrutto la statua.
𝟭𝟲𝟰 🏆 𝗡𝗔𝗗𝗜𝗘 𝗚𝗔𝗡𝗢́ 𝗠𝗔́𝗦. #ElClubGigante 🔵⚪️🔴 pic.twitter.com/Zg8UOg6PAA
— Nacional (@Nacional) October 18, 2022
Luis Suárez, ma pure Gigliotti
Ma dietro al Nacional non c’è solo Luis Suárez. C’è una squadra in cui 12 giocatori hanno origini italiane, più il tecnico Pablo Repetto che a 23 anni ha smesso di giocare dopo un infortunio a tibia e perone: «Peccato, ma non ero neanche troppo bravo», ammette con onestà. E inizia ad allenare. È lui che nel 2016 porta in finale di Libertadores l’Independiente del Valle, squadra ecuadoriana che elimina il Boca Juniors a La Bombonera e il River Plate di Marcelo Gallardo al Monumental. Mai nessuno prima di lui era riuscito in un simile giantkilling. E che dire di Emanuel Gigliotti? Al Boca lo ricordano bene perché nel 2013 ha deciso un Superclásico contro il River Plate. Al Novara, invece, lo ricordano un po’ meno bene. Gigliotti arriva nel 2010 dall’Atletico Tucumán, fa tanta panchina, 7 presenze e un solo gol. Torna in Sudamerica, fa fortuna. E il 30 ottobre scorso, nel 4-1 del Nacional al Liverpool, non c’è solo la doppietta di Luis Suárez. Ne ha realizzata una pure lui.