La felicità per Spalletti, suo tecnico alla Roma, e un presente da allenatore in Brasile senza mai perdere d’occhio il nostro calcio, dove Amantino Mancini ha vissuto momenti e segnato gol incredibili. Lo abbiamo intervistato sul canale Twitch di Cronache di spogliatoio. Ecco cosa ci ha detto.
Il rapporto con Spalletti
«Per me, per il lavoro che fa sul campo, Spalletti è l’allenatore migliore che ho avuto. Ha un atteggiamento un po’ particolare, ma è un allenatore eccezionale. Secondo me lui, della sua generazione, è l’allenatore più bravo che c’è in Italia quindi meritava di vivere questo campionato meraviglioso. Non è lì per caso, chi conosce il calcio sa che è uno che fa giocare bene le sue squadre. Quando scendono in campo sanno cosa fare, sia a livello difensivo che offensivo. Poi è bello che succeda in un posto così importante, caldo e appassionato come Napoli, lo merita veramente».
Qualche strigliata
«Se è vero che Spalletti a Roma era un po’ sergente di ferro? È normale – ci ha risposto Mancini – per uno che comanda mettere delle regole rigide se vede che qualcuno ha esagerato. In generale, però, è una persona con cui convivere è eccezionale, molto umano. A volte sbrocca, però, si può sopportare (ride, ndr)». Poi ci ha raccontato l’episodio in cui ha ‘sbroccato’ di più nei suoi confronti: «In Champions contro lo Sporting. Nel primo tempo perdevamo uno a zero, anche se io avevo giocato bene. All’intervallo era un po’ nervoso e inizia a parlare, guarda verso di me e dice: ‘Devi giocarla di più’. Io ho fatto una faccia per fargli capire che non mi era piaciuto quello che aveva detto lui. Lui ha preso due arance, si è avvicinato a me e le ha schiacciate. ‘Perché fai questa faccia?’. Pensavo volesse uccidermi».
Nessuna somiglianza
Gli abbiamo chiesto se c’è un giocatore di questa Roma che gli ricorda qualcuno della ‘sua’ squadra. «Difficile – ha spiegato – perché oggi nel calcio si vedono pochi uno contro uno. Oggi si tende a tenere di più il possesso. Nella Roma di oggi un giocatore che somiglia a me, sinceramente non lo vedo. Abraham mi piace e anche Dybala, conosciamo tutti la sua qualità. Spinazzola mi piace tanto, terzino con corsa e molta fisicità. Anche lo stesso Ibañez è un giocatore interessante».
La carriera da allenatore
«Oggi vivo in una città tra Rio e San Paolo – ci ha raccontato Mancini -. Quando ho smesso di giocare volevo diventare allenatore. Sono tornato in Italia, ci sono stato per tre anni, ho fatto i corsi UEFA B e A di UEFA Pro. Ho lavorato a Foggia per quattro mesi, poi sono tornato in Brasile perché mia madre stava poco bene. C’è stata la pandemia quindi sono stato due anni fermo poi sono venuto a lavorare qua al Villa Nova, in Serie D brasiliana. Adesso ho preso una seconda squadra e faccio anche il direttore di questa società, che gioca in Serie B in Brasile».
Mourinho
«Con il mister – ci ha detto – ho avuto un rapporto normale. Il primo anno dell’Inter mi ha fatto giocare, poi il secondo anno era un periodo in cui non stavo bene. Comunque è una persona eccezionale e un grandissimo allenatore. Un campione e un uomo di alto livello. È un personaggio, un grandissimo allenatore, ammirato da tutti e ovunque. È una persona che ti porta ad alzare il livello e alla Roma è successo».
I gol più belli
«Appena atterrato a Roma dopo il prestito a Venezia arrivo in aeroporto e mi dicono: ‘Mi raccomando, questa è il massimo, il derby non è da perdere‘». Lui ha preso i tifosi alla lettera con un gol di tacco: «È stato un gol meraviglioso. Il primo gol in Serie A con un colpo di tacco, un movimento fatto bene, un gesto tecnico meraviglioso. Poi lì c’è stata anche un po’ di fortuna. Io ho visto il mio gol 300mila volte su YouTube. Era l’unico movimento con cui io potessi toccare il pallone».
Poi c’è il celebre gol dopo un doppio passo infinito: «Eravamo una squadra che giocava a memoria. Siamo andati in casa di un Lione fortissimo e abbiamo fatto un’azione tutta di prima. Io attaccavo lo spazio, era una giocata che facevamo spessissimo. Ho controllato la palla e visto Reveillere davanti. Ho pensato: ‘Adesso devo andare in porta’. Ho capito subito che dovevo entrare dentro l’area., ho iniziato a fare movimenti in velocità, con forza, con potenza e coordinazione. All’ultimo lui ha mosso un po’ i piedi per il contrasto, però non è stato così cattivo e allora la palla si è spostata verso sinistra. Ho pensato: ‘Tiro forte, vediamo che succede’. Ho fatto questo gol meraviglioso in Coppa Campioni, è stato bellissimo».
L’attaccante più forte
«Ho avuto la fortuna di giocare con tanti campioni: Francesco Totti, Cassano, Ibra, Adriano, Ronaldo. Io dico sempre agli amici che sono stato molto fortunato in carriera ad aver avuto tanti campioni al mio fianco. Quindi è difficile scegliere il migliore con cui ho giocato, ce ne sono diversi».