Il ct della Nazionale Roberto Mancini ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport. Ecco di seguito le sue dichiarazioni.
CORONAVIRUS – «Sì, sono chiuso in casa da due settimane. A Roma ci sono anche due dei miei figli. Il terzo, Filippo, è a Miami, ha terminato un corso di sport e business. Anche lì comincia a sentirsi l’emergenza. Ma i ragazzi sono forti, protetti. Sono più preoccupato per i miei genitori che vivono a Jesi, anche se stanno bene. Purtroppo ho ricevuto una telefonata che non volevo, brutte notizie anche per me. Mia sorella mi ha chiamato per dirmi che è morto di Coronavirus un amico caro, sin da bambino giocava a calcio con me. Lavorava alla Croce Verde di Jesi. Il filmato del convoglio militare che portava via le bare da Bergamo è stato un pugno in faccia, l’immagine più dura, più impressionante. Terribile, da incubo. Nessuno era pronto a questo inferno. Pensare che la gente muore perché mancano i letti in rianimazione è assurdo, è inaccettabile».
ITALIA – «Non ci penso neanche a lasciare l’Italia, perché io mi sento sicuro qui e ho piena fiducia nei nostri medici che stanno facendo un lavoro eroico. Voglio sentirmi vicino a chi è in difficoltà. E lo dico da semplice cittadino, non perché ho un ruolo istituzionale e rappresento l’Italia».
RINVIO EUROPEO – «Confesso che la botta della delusione l’ho sentita. Mi sono fermato».
SERIE A – «Io penso sempre positivo. Sono convinto che a maggio il campionato ripartirà, recupereremo la nostra normalità e io potrò incontrare negli stadi tutti i miei giocatori e riunire in qualche modo la Nazionale. Dopo quello che è successo, i giocatori avranno così voglia di giocare che l’entusiasmo compenserà la stanchezza. Sono convinto che torneremo a divertirci. Voglio l’inno nazionale e io che lo ascolto in piedi davanti alla panchina. Dopo quello che stiamo passando, sarà un’emozione splendida, fortissima. La sto già aspettando»
CAPUTO – «Se ripete la stagione in corso, lo considererò senz’altro».