A volte i sogni più belli sono destinati a rimanere tali, chiusi a doppia mandata nel cassetto dei “forse”. Ma nelle storie più belle capita che ci siano protagonisti così forti e coraggiosi in grado di prenderli e trasformarli in promesse gigantesche che profumano di favola. Marco non poteva saperlo dal principio. Vita, morte, gioie immense e dolori incredibili, in un intreccio di emozioni che gli caratterizzeranno i primi 21 anni su questo pianeta. Marco ha avuto e avrà tutto, ma la strada per il successo è stata lastricata di fatica a sudore.
Marco è nato con le stimmate del predestinato, il 21 gennaio 1996. Da quel momento, però, il destino ha cominciato un crudele gioco con il talento di Palma di Maiorca dal cuore orange. Il fatto che si chiami ‘Marco’ non è un caso: la mamma olandese è infatti una grande appassionata di calcio e, in accordo con il papà (commesso di un supermercato), ha dato al figlio il nome del più grande centravanti dei tulipani, il cigno di Utrecht. Marco Asensio come Marco Van Basten. Una speranza, un regalo, una promessa.
Il giovane Asensio è un ragazzo timido e silenzioso, lontano anni luce dallo stereotipo del super divo. Ha un problema legato alla deficienza dello sviluppo delle ginocchia, che riuscirà a risolvere nella tarda adolescenza. Ha voglia di giocare e divertirsi, niente più. E invece deve fare i conti quasi subito con il lato oscuro della vita: ha solo 15 anni quando la madre Maria Willemsen si ammala a causa di un tumore. C’è poco da fare. “Lei è sempre al mio fianco e veglia su di me da lassù”, dirà il giorno della sua presentazione al Santiago Bernabeu, chiuso dietro ad un velo di lacrime.
“Dodici anni fa i tuoi genitori mi incontrarono a Maiorca e mi dissero: -Presidente, un giorno nostro figlio giocherà per il Real-. Hanno avuto ragione.” Con queste parole Florentino Perez ha accolto il talento alla Casa Blanca, strappandolo per un soffio ai rivali del Barça per un pugno di €, esattamente per 3 milioni e 900.000. Era il 24 novembre 2014. Dopo una parentesi in prestito all’Espanyol, il n.20 delle merengues è tornato alla base, incantando l’esigente pubblico di Madrid. Il suo mancino è una goduria per gli occhi, la sua corsa è danza, ogni assist è una pennellata. Marco ha tutta la vita davanti ma sa quanto ha dovuto soffrire per arrivare fin qui. Marco tira e segna, quasi sempre. Poi alza gli occhi al cielo per cercare la stella più bella a cui regalare un sorriso.