A ESPN ha rilasciato un’intervista il CEO del Milan, Ivan Gazidis. Ecco quanto ha detto l’ex direttore dell’Arsenal.
Sul Milan: «Ciò che stiamo facendo al Milan è chiaro, ma anche difficile. Dobbiamo abbassare il monte ingaggi ma allo stesso tempo migliorare le prestazioni, una cosa non semplice da fare».
Sulla Premier League: «Gran parte del successo della Premier League è basato su una visione globale, sull’internazionalizzazione. Questo è successo in termini di idee calcistiche e più recentemente in termini di proprietà estere e management internazionale. Questo mix di idee, questa diversità, è stata una delle forze trainanti per questo successo».
Sul calcio italiano: «Il calcio italiano sul campo è internazionale e i nostri sono brand internazionali, quindi gli elementi giusti ci sono. Guardate l’interesse dei fondi, loro non sono stupidi… Vogliono essere coinvolti nella modernizzazione e nella professionalizzazione del calcio italiano, sanno che esiste un enorme potenziale inespresso. Se facciamo i giusti passi, il calcio italiano può tornare ad essere al top. Penso che la Serie A abbia il più grande potenziale dei 5 principali campionati europei in termini di crescita. E penso davvero che il Milan abbia il più grande potenziale a livello di club».
Ancora sulla Premier: «Scudamore (chief executive in Premier dal 1999 al 2018, ndr) aveva la capacità di tenere insieme le diverse prospettive e i diversi programmi. In Italia non vediamo questo senso di unità, il senso che i club sono avversari in campo e business partners fuori. C’è competizione sia dentro che fuori dal campo, ma credo che questo possa cambiare perché stanno accadendo due cose. La prima è che c’è un cambio dal punto di vista delle proprietà. Non parlo solo di quelle straniere, anche di quelle italiane. Ci sono più proprietari che non pensano a loro stessi come benefattori per i club e che li vedono come aziende. Servono entrambi per avere un ambiente sano. L’altra è che all’aumentare delle entrate, aumentano anche i costi dei trasferimenti, gli stipendi e le spese. Diventa difficile ignorare il fatto che i club hanno interessi comuni. Per questo le società devono essere sulla stessa lunghezza d’onda. Penso che tutto questo lo vedremo sempre di più in Serie A, sulla scia del modello di Premier League».
Sulla Superlega europea:«La direzione è sempre più verso un calcio europeo, questo non è in discussione. Ed è per questo che le persone sono interessate. Ma credo che ci siano domande più profonde su cui il calcio non si interroga abbastanza. Il calcio ha una forza tremenda, è linguaggio culturale comune, è qualcosa che ci unisce… è uno splendido modo di comunicare una visione fantastica di come il mondo potrebbe essere. Amo questa idea e credo che questo aspetto globale sia qualcosa su cui riflettere e appoggiarci. L’altra domanda è generazionale: il calcio è conservatore. Ma pensando attentamente al modo in cui le persone, specialmente i giovani, consumano il proprio divertimento, accedono ai contenuti, è profondamente diverso. Dobbiamo pensare a cosa vorranno fra 5, 10, 15 anni. Credo vorranno ancora questo contenuto, ma interagiranno in modo molto diverso. E’ una minaccia molto grande, ma anche un’enorme opportunità. Il calcio è un ambiente che sfida i pregiudizi. Guardate il cambiamento in Inghilterra, per esempio. Wenger ha giocato un ruolo fondamentale in questo. Quando hai successo, le cose cambiano molto velocemente perché i risultati sono lì sul campo. Se le persone vedono una visione chiara, se i tifosi si divertono guardando il calcio, le cose possono cambiare molto velocemente. E io credo che il calcio italiano nel suo insieme sia maturo per questo cambiamento e possa fare un grosso salto in avanti. E lo farà in maniera sorprendentemente veloce».