Sorridente, determinato e consapevole. Sta vivendo un sogno ma allo stesso tempo riconosce i sacrifici e il lavoro fatti per arrivare lì. Caleb Okoli oggi è un giocatore del Leicester, ha raggiunto il suo grande obiettivo di giocare in Premier League, ma ha capito che nulla, nel calcio come nella vita, è scontato: «Solo pochi mesi fa ho vissuto uno dei momenti più tosti della mia carriera, con la retrocessione a Frosinone all’ultima giornata. Ora gioco in Premier, un campionato fantastico, e cerco di godermi il momento senza mollare mai un centimetro».
L’impatto con la Premier League
Okoli è arrivato in estate a Leicester, in una squadra diventata leggendaria grazie a un altro italiano come Claudio Ranieri. Il club inglese ha creduto fortemente in lui, pagandolo 14 milioni, vedendo un calciatore con caratteristiche adatte al campionato inglese: «È vero quello che si dice, la Premier League si gioca a un’altra intensità. Qui tutti sono abituati ad ‘andare sempre a 3000’ e c’è un livello atletico altissimo, ma non è solo questo. Anche il livello tecnico è incredibile. Ci sono giocatori a cui basta un pallone per punirti e inoltre i campi sono spettacolari e agevolano determinate giocate. Da quando sono arrivato qui ho giocato solo su campi perfetti, pazzesco davvero».
Infatti tanti giocatori quando arrivano in Premier faticano ad adattarsi a quei ritmi. Chiesa, definito dallo stesso Arne Slot «ancora fuori condizione», è solo l’ultimo esempio. Caleb invece si è fatto subito trovare pronto e, dalla terza partita di campionato, è diventato titolare al fianco di Wout Faes. «Sto cercando di imparare il più possibile dai miei compagni di reparto e dai giocatori più esperti. Ogni partita affronto giocatori fortissimi, come Haaland che non vedo l’ora di marcare, e non posso mai permettermi di abbassare la guardia. La squadra che mi ha impressionato di più finora però è stata l’Arsenal. Abbiamo giocato all’Emirates ed è stata davvero dura, perché hanno questo stile di gioco ‘oppressivo’».
In Premier inoltre tutto sembra andare più veloce, dentro e fuori dal campo. Tante squadre, di recente, hanno costruito impianti incredibili e all’avanguardia, creando esperienze uniche per i tifosi. E questi dettagli vengono notati e percepiti anche dai calciatori stessi: «In Premier rimani sbalordito da tutti gli stadi. Quando sono entrato a Old Trafford ho solo pensato: ‘WOW’. L’atmosfera qua è proprio diversa. In tutte le partite. Ogni volta sembra di essere dentro a uno spettacolo. Dalle fiamme all’ingresso alle trombette dei tifosi, è come se ogni partita fosse uno show».
Come vive un giocatore di Premier
Al di fuori dei 90 minuti ‘di fuoco’ del weekend, Okoli passa gran parte del suo tempo al centro sportivo del club. Costruito a Seagrave, nella periferia di Leicester, nel 2020 e pagato più di 100 milioni di euro, oggi è uno degli impianti migliori d’Inghilterra e forse anche d’Europa. 7 strutture totali e 21 campi a disposizione. Un vero e proprio sogno per ogni atleta come Caleb che ama curare il proprio corpo in ogni dettaglio. «Io sono rimasto scioccato quando l’ho visto per la prima volta. Sono cresciuto a Zingonia e fino a quest’estate pensavo che centri come quello fossero il top. Ma quando sono arrivato qui sono rimasto senza parole, vi assicuro che siamo su un altro pianeta. Ci sono 21 campi e uno di questi è coperto. Poi abbiamo due palestre dove non manca niente e anche a livello di recovery abbiamo tutto, dalle saune alle piscine».
E se ve lo state chiedendo la giornata tipo di un giocatore di Premier League è più o meno questa: «Ci alleniamo quasi sempre la mattina (con ritrovo alle 9:30), quindi parto da casa intorno alle 8:30 e ci metto circa 20 minuti per arrivare al centro sportivo. Di solito questo tragitto mi serve per svegliarmi. La prima cosa che faccio al centro è la colazione. Abbiamo una sala, condivisa con i ragazzi dell’U-21, enorme e con diversi chef che ci preparano i pasti secondo le nostre diete. Dopodiché siamo ‘liberi’ fino alle 11, a meno di riunioni tattiche, e io di solito sfrutto questo tempo tra terapie e attivazione muscolare, per essere al meglio in campo.
Le sedute in campo di solito non durano tanto, un’ora, massimo un’ora e mezza, ma sono molto intense e con poche pause. A fine allenamento è il momento delle terapie, dei massaggi e del recupero. Poi di nuovo pranziamo tutti insieme e verso le 15 torno a casa, dove cerco di riposarmi e passare il mio tempo con famiglia, amici o guardando il tennis.
L’aspetto mentale e l’esempio di Sinner
«Sono un grande appassionato e seguo tantissimo Sinner. Mi ha colpito molto la sua mentalità e di come riesce ad applicarla di partita in partita. Mi piace notare i comportamenti dei tennisti, di come riescono a resettare dopo ogni punto».
Da qualche anno anche Caleb lavora fuori dal campo con un team di specialisti (NEST football) proprio sull’aspetto mentale: «Ho capito che c’è tanto altro lavoro da fare oltre all’allenamento fisico e alla nutrizione per esempio. Sto imparando a gestire i vari momenti e sto cercando di trovare e mantenere un equilibrio costante, senza dare peso a quello che si dice su di me. Non bisogna esaltarsi nei momenti migliori e non ci si deve abbattere in quelli difficili. Cerco sempre di trovare gli insegnamenti in ogni situazione, anche fuori dal campo».
L’Italia chiamò
Proprio questa gestione mentale dei vari momenti lo ha fatto crescere tanto negli ultimi anni e forse anche questo aspetto gli ha permesso di ottenere la convocazione di Spalletti, che lo ha chiamato due volte – a distanza di un mese – per le partite di Nations League. «Ho vissuto dei raduni bellissimi e l’unico rammarico che ho è quello di non essere riuscito a debuttare. Credo però che anche poter far parte di questo percorso sia importante e sono sicuro che in futuro riuscirò a esordire».
Ancora una volta, mentre parla dell’esperienza con gli Azzurri, lascia trasparire due cose: sorriso e consapevolezza. Anche perché la fiducia di mister Spalletti non è una novità. «Il mister era già venuto a parlarmi quando ero a Frosinone, l’anno scorso. Mi ha spiegato alcune cose legate all’essere calciatore e mi ha fatto capire le responsabilità che abbiamo. Mi ha dato anche consigli tecnici. È stato davvero un piacere poter fare quella chiacchierata».
Nel segno della Dea
Okoli ha vissuto queste prime esperienze in Nazionale maggiore da giocatore di Premier, ma è cresciuto calcisticamente nel settore giovanile dell’Atalanta con cui, dopo alcune esperienze in prestito, ha anche esordito in Serie A: «Nel mio percorso ho giocato con giocatori fortissimi. Il più forte è senza dubbio Lookman. Nei suoi giorni migliori è imprendibile. Dal primo giorno in cui l’ho visto ho capito che aveva qualcosa di speciale. Ha una forza fisica impressionante e un tiro incredibile. Tra l’altro lui ha segnato a Genova nel giorno del mio esordio. Anche lui ha giocato qua a Leicester e i tifosi ancora se lo ricordano.
In Primavera invece ho vissuto un anno intero con Kulusevski. Aveva una mentalità incredibile ed era quello più convinto di poter fare il calciatore ad alti livelli.
Non vi nego che nel corso degli anni vedere la sua carriera decollare tra Parma, Juventus e Tottenham, mi ha dato uno stimolo e una motivazione in più per farcela. Mi ripetevo: ‘se Dejan sta realizzando il suo sogno anche io posso raggiungerlo’. Ci siamo incontrati quest’anno alla prima di campionato e, mentre ci scaldavamo nel secondo tempo, mi ha raccontato un po’ com’è il calcio in Inghilterra».
La scuola italiana
Oggi, a distanza di qualche anno, Okoli, Kulusevski e Diallo sono i tre ‘rappresentanti’ del settore giovanile bergamasco in Premier. Nonostante le differenze tra calcio inglese, più fisico e sicuramente meno tattico, e la loro ‘formazione’ italiana, tutti e tre si stanno facendo notare. Nel caso di Caleb le esperienze in prestito in Italia sono tuttora fondamentali: «Gasperini e l’Atalanta mi hanno insegnato la dedizione al lavoro. Di Francesco a Frosinone invece mi ha dato tanta fiducia e mi ha fatto crescere. La retrocessione dell’anno scorso infatti è stata durissima da affrontare, perché eravamo un gruppo affiatato che credeva tanto nella salvezza. Ci siamo rivisti il giorno dopo l’ultima partita per salutarci ed è stato un momento difficile».
Nel suo caso però la retrocessione è stata solo un passo falso di un percorso ben delineato. Nella scorsa stagione in Serie A è stato uno dei migliori giovani del campionato e, da difensore, ha dimostrato personalità e sicurezza. Ora in Premier ha la possibilità di confrontarsi con alcuni dei migliori al mondo, sognando di diventare come loro: «Il mio modello è Van Dijk. Da quando sono qua guardo tutte le sue partite e mi impressiona sempre il modo in cui si atteggia in campo. È un leader nato e riesce a trasmettere tutta la sua calma e il suo carisma. Non vedo l’ora di affrontarlo».