Pessina si racconta: «Amo l’arte ma studio economia. Il Real un sogno, mi ispiro a Kroos»

by Redazione Cronache

Matteo Pessina, trequartista dell’Atalanta, si è raccontato a La Repubblica. Questa l’intervista integrale.

PROVERBI IN LATINO – «Sì, mi piacciono. In latino, al liceo, andavo bene».

COME DESCRIVE L’ATALANTA – «Il club è partito dal settore giovanile, poi ha fatto il centro sportivo e lo stadio. È una società solida, lungimirante, organizzata. E noi siamo un gruppo unito e con un unico pensiero: farci entrare in testa le idee di Gasperini. Corriamo l’uno per l’altro».

SEMPRE IN CAMPO NELLE VITTORIE IMPORTANTI – «Se non ci fossi stato io, magari avremmo vinto lo stesso. Certo, sono contento di aver giocato partite che sognavo da piccolo. Dicevo: un giorno le giocherò io».

REAL MADRID – «Forse era il mio sogno più grande. Io, poi, mi ispiro a Toni Kroos».

ASSENZE REAL – «Lasciamo perdere le assenze del Real. L’essenziale è affrontarlo come abbiamo sempre fatto con tutti, senza snaturare il nostro gioco».

PUNTO DI FORZA – «Forma fisica e organizzazione tattica. Lavori di forza e atletici che nessun altro fa in A e pressing altissimo, sull’uomo. Così gli avversari vanno in difficoltà, soprattutto nel secondo tempo. E poi fase difensiva: la nostra parte dal primo attaccante e arriva fino al portiere».

GASPERINI E JURIC INNOVATORI – «Sì. Il loro gioco molto europeo ha cambiato la direzione del calcio. Quando parte all’attacco un nostro difensore, gli avversari vanno in affanno, non ci sono abituati».

CONFRONTO COL PAPU – «Ma no, quello che ho fatto io non è nemmeno paragonabile a quello che ha fatto qui il Papu».

PASSIONE PER LA MATEMATICA – «Mi piace pensare che lo studio mi sia servito per tenere la mente allenata».

ARTE E STUDI – «Mio papà commercialista e mia mamma architetto mi hanno sempre insegnato ad apprezzare musei, balletti, opere. Cerco la bellezza in tutto. All’università ho scelto economia per un futuro dirigenziale, che sia all’interno di un club o fuori. Ma avrei fatto volentieri architettura, se per me non fossero state impossibili le lezioni in presenza».

ARTISTI – «Mi piace scovare quelli meno famosi. In camera ho appeso la riproduzione di un quadro di Van Gogh, visto ad Amsterdam: ‘Ramo di mandorlo in fiore‘».

CALCIO COME ARTE – «Arte e poesia, diverte e stupisce. È l’emozione reciproca tra noi e i tifosi. Pazzesca».

MARADONA – «Penso che non fosse solo il giocatore, purtroppo. Il nostro artista come Ilicic: coi piedi disegna capolavori».

IMPARARE IL TALENTO – «L’eleganza e i movimenti sono innati. Però anche sapere lavorare è un grande talento: penso sia il mio».

FALLIMENTO DEL MONZA – «Anche quello del Como. E tra Lecce e Catania ho giocato 5 partite. Ma lì ho capito che volevo fare quello che faccio e che la strada per realizzare i propri sogni è dura: quando arrivi, è ancora più bello».

MILAN – «Ero giovane e senza esperienza, era giusto che la facessi altrove. Col Milan ho cercato di fare i passi più giusti in quel momento: non è andata nel migliore dei modi, ma nel calcio succede. Oggi sono contento di essere all’Atalanta e di tutto il mio percorso. Credo anche di avere lasciato buone tracce ovunque io sia stato».

CENTROCAMPISTA UNIVERSALE – «Ci adattiamo al calcio nuovo, ci muoviamo più negli spazi, vediamo più la porta».

MONDIALE U-20 – «Esperienza fantastica, da ricordare per tutta la vita».

MONDIALE 2018 SENZA ITALIA – «Non mi va di giudicare chi c’era. Forse c’era più consapevolezza di essere capaci di risultati importanti».

EUROPEO – «Possiamo giocarcela con tutti: l’abbiamo dimostrato sia col club sia in Nazionale».

NAZIONALE – «Io sto dando tutto. Siamo in tanti, ma così è ancora più stimolante».

FATTI, NON PAROLE – «Lo dico da sempre. È il modo migliore per dimostrare le cose, in questo mondo dove tanti parlano troppo».