Parare un rigore è un po’ come vincere un duello, una sfida psicologica. È un gioco di sguardi degno dei migliori western, mezzogiorno di fuoco con il pallone. In cui vince chi gestisce meglio la pressione, chi intuisce il movimento dell’altro e lo infilza. Quello tra tiratore e portiere è sempre stato uno scontro alla pari, in cui ognuno usa le armi che ha a disposizione per uscire dallo scontro a testa alta. Dal prossimo luglio non sarà più così. O comunque ci sarà meno spettacolo. Già, perché l’Ifab – l’organismo addetto alle modifiche del regolamento del calcio – ha deciso che per i portieri saranno vietati i comportamenti ‘Unfair’, cioè i comportamenti antisportivi che possono distrarre chi calcia. Peccato, ci eravamo tanto divertiti.
Da Zamora a Grobbelaar e Dudek. Fino al Dibu Martinez
Balletti, sfottò, foglietti. Sono tutte tecniche usate dai portieri per distrarre chi calcia, e le più belle sono poi passate alla storia. Siparietti che fanno il giro del mondo e diventano cult. Ma, come detto, da ora in poi non si potrà più.
Eppure funziona, eccome se funzionava. Per conferma chiedere a Bruce Grobbelaar, portiere del Liverpool nella finale dell’Olimpico dell’84, che con una danza sulla linea di porta si finse ubriaco, mandando in confusione i giocatori della Roma. Graziani e Conti – distratti dagli strani movimenti del portiere – spararono alto e lui diventò il primo africano a vincere la Coppa dei Campioni. La strategia ha funzionato. Si dice che una volta chiese un ombrello ad uno spettatore per ripararsi dalla pioggia, attirando l’attenzione di tutto lo stadio. Insomma, un tipo bizzarro che a Roma toccò il cielo con un dito. Altra finale del Liverpool, altro episodio simile. Stavolta l’uomo che finisce in copertina è Jerzy Dudek, portiere dei Reds di Benitez: 3-3 si va ai rigori e lui ipnotizza Sheva dal dischetto. Come? Grazie a un balletto sulla linea di porta.
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Saltiamo un po’ di storia e pensiamo a De Gea, che prima dei rigori nella finale di Europa League contro il Villarreal di due anni fa, nascose dietro la porta un foglietto sui tiratori avversari. Il risultato fu però pessimo: zero rigori parati su undici. D’altronde non sempre le strategie vanno in porto. Andò meglio invece a Jens Lehmann, che ai quarti di finale del Mondiale 2006 stregò Ayala e Cambiasso, buttando fuori l’Argentina di Crespo e Riquelme. Merito di un bigliettino con le previsioni su dove avrebbero potuto tirare i rigoristi.
‘L’ultimo tango’ del Dibu Martinez al Mondiale
Un altro maestro dell’ipnosi era Ricardo Zamora, famoso portiere spagnolo degli anni 30. A lui ancora oggi è dedicato il premio per il migliore portiere della Liga dell’anno. Per inquadrare il personaggio: il giorno del debutto vestì un pesante maglione girocollo per sembrare più grosso e si riparò il capo con un cappello basco. Sui generis su tutta la linea, visti anche i tempi. Per anni lo hanno chiamato il divino. Si raccontava che lui ipnotizzasse gli avversari, guardandoli negli occhi e fissandoli. Un po’ come Medusa, che pietrificava chiunque incrociasse il suo sguardo. Alla storia sono arrivate scene simili: con Zamora tra i pali la porta si faceva piccola piccola e gli avversari, intimoriti, arrivavano sul dischetto con le spalle strette e la paura in corpo. E puntualmente sbagliavano.
Il più recente è il caso del Dibu Martinez, che in finale ne ha combinate di ogni. Si va ai rigori e lui si scatena. Parlotta con Coman prima del penalty, lo fa anche con Mbappé stringendogli la mano, richiama in continuazione l’attenzione dell’arbitro. Poi gioca con la palla e al momento del rigore la allontana per far sì che chi tira lo debba andare a raccogliere nella terra di nessuno. Tutto quello che serve per far cadere la concentrazione. Provocatore nato. Per sua fortuna ha funzionato.
Ma sempre legato al Mondiale c’è il balletto di Andrew Redmayne, il portiere showman che ha portato l’Australia in Qatar ipnotizzando Alex Valera del Perù con una danza per il rigore decisivo. Tra chi non ha preso bene la nuova regola c’è Mike Maignan, il portiere del Milan: «Dal 2026 ci faranno mettere di spalle» ha ironizzato.