di Gabriele Codeglia
Forse il gioco del calcio è una forma d’arte e non soltanto un gioco. Forse il gioco del calcio è anche spettacolo, intrattenimento e non solo competizione. È tattica, è preparazione, corsa, pensiero, ma anche delusione e gioia, sia che lo si viva dentro al campo, sia che lo si guardi seduti sugli spalti.
Come durante un concerto o a teatro, c’è un pubblico che si emoziona, che si esalta, che ride, che si fa trascinare dalle gesta di artisti, in questo caso atleti, i quali sono pagati per vincere, ma in alcuni casi anche per divertire e incantare.
Gli attori, protagonisti o comparse, che si sono ritagliati uno spazio più o meno grande nella storia del gioco, sono tanti. Chi per un motivo e chi per un altro, il libro del calcio, da Valentino Mazzola a Lionel Messi è pieno di interpreti a cui la natura ha deciso di regalare la dote più rara di tutte: il talento.
Nel mezzo, in qualche capitolo sperduto, ma non per questo meno importante, c’è un numero dieci che ha segnato una brevissima epoca, durata forse troppo poco. Quel dieci, anzi quel dez, perché nella sua lingua si dice così, oggi compie quarant’anni e si chiama Ronaldo de Assis Moreira, ma da ragazzino in campo era sempre il più piccolo di tutti, è quindi si è fatto conoscere al pianeta intero come Ronaldinho.
Ripercorriamo la sua carriera attraverso le date in cui ha lasciato il segno in modo incancellabile.
21 marzo 1980
Nasce a Porto Alegre, da una famiglia di umili origini, come nella stragrande maggioranza dei giocatori brasiliani. Ronaldo, ultimo di tre fratelli, perde il padre João, ex calciatore, quando ha appena otto anni. Da quel momento, il fratello maggiore Roberto, nove anni più grande di lui e uno dei più promettenti talenti del panorama calcistico brasiliano, diventa il suo punto di riferimento.
4 marzo 1998
A diciassette giorni dalla maggior’età, fa il suo esordio con i grandi. Prima partita del girone di Copa Libertadores, il suo Grêmio contro il Vasco da Gama. Dinho parte titolare con la maglia numero diciotto e la sfida finisce 1-0 per i porto-alegrensi, rete firmata al 61′ da Guilherme. Le due squadre si riaffronteranno poi nei quarti, dove però sarà il Vasco ad avere la meglio, arrivando poi alla finale, vinta contro i venezuelani del Barcelona.
14 ottobre 2001
Dopo una lunga diatriba legale, il giocatore si trasferisce ufficialmente al Paris Saint Germain nell’agosto del 2001. Qualche mese dopo segna il suo primo gol con la maglia dei parigini. Decima giornata dell Ligue1, al Parc des Princes arriva il Lione, futuro vincitore del campionato in quella stagione: l’inizio di un’egemonia nazionale che durerà fino al 2008. Gli ospiti sono in vantaggio per 2-1, quando al minuto 79′ Ronaldinho illumina l’area avversaria con un filtrante per l’incursione del terzino sinistro Potillon. All’ultimo istante si intromette il compagno di squadra Ogbeche che viene steso da Jean-Marc Chanelet: calcio di rigore. Sul dischetto va proprio Dinho, la rincorsa è già quella, pochi passi, lunghi, interno destro: il pallone si insacca nell’angolino basso alla destra di Coupet, che si tuffa dall’altra parte. Risultato sul 2-2 che sarà lo stesso al momento del triplice fischio di Stéphane Bré.
21 giugno 2002
Viene convocato dal CT Scolari ai Mondiali di Giappone e Corea del Sud. In occasione del quarto di finale contro l’Inghilterra, esce fuori il genio che è in lui e, come tutti i geni, anche la sua pazzia. Minuto 50′, fallo di Scholes da dietro su Kleberson. Ronaldinho si incarica della battuta del calcio di punizione, sulla trequarti campo a pochi metri dalla linea laterale di destra. La distanza è proibitiva, serve un cross per cercare di impensierire, anche solo un minimo, la retroguardia britannica. Non per lui. Riguardando i replay ancora oggi non si capisce se sia una traiettoria cercata e voluta, fatto sta che ne esce un arcobaleno mozzafiato, due lunghissimi secondi che finiscono all’incrocio dei pali alla destra di Seaman, completamente sorpreso dal numero undici verdeoro.
La pazzia arriva sette minuti più tardi: fallaccio su David Mills, piede a martello sullo stinco destro del terzino inglese e rosso diretto. Poco male, perché la partita terminerà ugualmente 2-1 per il Brasile, decisa proprio dal suo gol incredibile. Nove giorni dopo, la Seleçao si laureerà Campione del Mondo.
21 luglio 2003
L’asso brasiliano viene presentato al Camp Nou: è ufficiale il suo passaggio al Barcellona. Il presidente blaugrana Joan Laporta lo paga 30 milioni di euro, consegnando a Frank Rijkaard un nuovo diamante da sgrezzare.
8 marzo 2005
Ritorno dell’ottavo di finale di Champions League contro il Chelsea. In terra catalana, il Barcellona si impone per 2-1. A Stamford Bridge la partenza della squadra di Mourinho è di quelle che stordiscono come un destro di Tyson: 3-0 dopo diciannove minuti, firmato Gudjohnsen, Lampard e Duff. A riaccendere le speranze degli spagnoli è Ronaldinho, che accorcia le distanze su calcio di rigore, assegnato da Pierluigi Collina per un fallo di mano di Paulo Ferreira.
Ma il vero motivo per cui quella sera entra nella storia è il gol che il trequartista brasiliano realizza poco più tardi, al minuto 39′. Lo hanno visto tutti almeno una volta nella vita. Respinta corta di Carvalho, Iniesta recupera palla al limite dell’area e, come si fa quando si è in difficoltà, alleggerisce per il compagno di squadra più forte vicino a lui. Ronaldinho è fermo, all’interno della lunetta, ha davanti a sé Terry, Gudhjonsen e lo stesso Carvalho, più Lampard che sta arrivando in pressing da dietro. Una vera e propria gabbia, perdere il pallone sarebbe la conseguenza più scontata e giustificabile, ma non per lui. Si inventa una finta che sembra uno di quei passi di samba con cui esulta sempre. Il tempo di capire quale sia lo spiraglio giusto dove far passare il pallone che, dopo un destro in stile futsal rigorosamente da fermo (d’altronde ci giocava quando era un bambino), Dinho è già partito ad esultare, a correre come un pazzo agitando le braccia.
Purtroppo per il Barça, però, quella doppietta risulterà inutile. Alla fine è il Chelsea ad imporsi per 4-2, eliminando la truppa di Puyol dalla Champions.
Anni dopo, in un’intervista, Collina dichiarerà che «il gol dal vivo che mi ha impressionato di più è stato quello di Ronaldinho a Stamford Bridge. La partita era Chelsea-Barcellona».
19 novembre 2005
Altra doppietta, questa volta molto più importante, anche in questo caso con due gol che rimangono nella memoria collettiva. La partita non è una qualsiasi, è semplicemente il Clasico e si gioca al Santiago Bernabeu per la dodicesima giornata de La Liga. Barcellona secondo in classifica a +1 sul Real Madrid. Sono i Galacticos, c’è Zidane, c’è Ronaldo, c’è un giovane Sergio Ramos, Salgado, Raúl, Robinho, Roberto Carlos e Casillas. Ma la partita la fa il Barça. Samuel Eto’o è incontenibile e la sblocca al 19′. Un ragazzino di nome Lionel Messi, con il numero trenta sulle spalle, fa ammattire la difesa delle merengues e finalmente, al 60′, arriva l’assolo del frontman della band.
Ripartenza di van Bronckhorst che allarga sulla sinistra per Ronaldinho, all’altezza della linea mediana. Prima, seconda, terza, quarta, quinta marcia, nel giro di venti metri. Il primo ostacolo è Sergio Ramos, messo a sedere in un batter di ciglia. La galoppata continua, incursione in area, Helguera non fa neanche in tempo ad opporsi perché Dinho si sposta il pallone sul destro prima di scaricarlo sul primo palo alle spalle di Casillas, che neanche si tuffa.
Il tris è completato al 77′. Questa volta la sfera gliela consegna Deco, più o meno nella solita zona del campo da cui è partito per lo 0-2. Ennesima accelerazione, sempre il solito Ramos sbeffeggiato come fosse un ragazzino degli allievi, e piattone destro a tu per tu con il numero uno del Real, questa volta sul secondo palo. Casillas viene inquadrato tre secondi più tardi, ha le mani sui fianchi e scuote la testa.
Due lampi, due opere d’arte che fanno balzare in piedi gli oltre ottantamila spettatori presenti quella sera: tutto il Bernabeu lo applaude. Cos’altro di potrebbe fare?
17 gennaio 2010
Dopo una Champions League, due Liga, due Supercoppe di Spagna, il Pallone d’Oro 2005 e altri riconoscimenti individuali, Ronaldinho passa al Milan nell’estate del 2008, per 28 milioni di euro.
In quel freddo pomeriggio di gennaio, a San Siro, va in scena l’ultimo grande concerto del talento di Porto Alegre. L’avversario è il Siena, prima giornata del girone di ritorno. È l’anno del triplete dell’Inter, ma in quel momento della stagione i rossoneri sono ancora in corsa per lo scudetto e inseguono i cugini, in testa a +5.
Prima rete su rigore, dopo una dozzina di minuti dal fischio d’inizio. Poi arriva il 2-0 di Borriello che fa impazzire la Sud con un sinistro al volo da posizione impossibile.
Che è una giornata diversa e strana lo si capisce dal 3-0, in occasione del secondo gol di Dinho. Cross dalla bandierina di Beckham nel cuore dell’area, il numero ottanta rossonero è completamente libero e schiaccia il pallone di testa, battendo Pegolo.
Su YouTube si può trovare facilmente il video con gli highlights di quella partita. Praticamente è una serie di azioni personali, di un unico calciatore. In postazione telecronaca, per SkySport, c’è Riccardo Trevisani che all’89’, dopo la tripletta di Ronaldinho con un destro fantascientifico, quasi si commuove perché… «è tornato il marziano!».
16 gennaio 2018
L’avventura al Milan finisce nel gennaio 2011, poco prima della conquista del diciottesimo scudetto rossonero. Il feeling con Allegri proprio non c’è e Dinho fa ritorno in patria, firmando con il Flamengo. Seguono le esperienze con Atletico Minéiro, Queretaro (in Messico) e Fluminense. Un declino precoce e rapido che culmina con l’annuncio ufficiale dell’addio al calcio giocato, poco più di due anni fa.