Ci sono storie fantastiche che nascono così. Defilate, senza regole. Perché a volte per essere al centro dell’attenzione non occorre vivere dove gli occhi della gente cadono più spesso. C’è un intero universo di emozioni che brilla di luce propria, lontano dai riflettori, seguendo un brivido che corre lungo la fascia. Quanta poesia da raccontare c’è dietro ad un cross pennellato, ad una diagonale puntuale, ad una rincorsa per recuperare il pallone scivolato oltre la linea laterale. Proprio in quel momento il cuore del terzino si ferma, capace di congelare l’attimo e riporlo nell’angolo più riparato che ci sia, per ripescarlo nei ricordi poco prima di addormentarsi mentre con la mente si ripercorrono le fasi della partita appena conclusa.
Vivere sulla fascia significa osservare il mondo da un’altra prospettiva. Significa vestire il talento con la corazza del sacrificio e non smettere mai di crederci. Vuol dire contemplare il campo con estro e volontà, perché ci sarà sempre una fascia da divorare e una da difendere.
Il terzino non gioca semplicemente a calcio, racconta come andrebbe vissuta la nostra esistenza: il momento per incassare, il momento per colpire. Con la stessa fame di vincere.