Nicolò Rovella, il talento classe 2001 del Genoa opzionato dalla Juventus, si è raccontato ai microfoni di Sportweek.
RETROSCENA – «Con l’Inter avevo fatto dei provini ma prendevano tempo, mi dicevano: ‘ti faremo sapere’ e poi niente».
GENOA – «Sono milanese e giocavo nell’Alcione, una società che ha svezzato tanti futuri calciatori. In una partita del campionato regionale, il Genoa mandò Francesco Bega e Michele Sbravati, che è tuttora il direttore del settore giovanile rossoblù, a osservare il sottoscritto. Mi videro giocare, mi parlarono e mi convinsero. Successe 5 anni fa».
LA SCELTA – «Mi fecero vedere il campo di allenamento e il convitto dove avrei vissuto. Con me c’erano mio papà, mia mamma e mio nonno paterno, Nicolò pure lui, genovese di nascita che ci mise del suo per convincermi: ‘Vedrai, Genova è bella e ti ci troverai bene. Questa è una società gloriosa’. Ma in cuor mio avevo già deciso».
RUOLO – «Ho sempre fatto il centrocampista, ogni tanto il trequartista quando ero piccolo. In questo momento meglio mezzala, ho più libertà per spingermi in attacco. Pregi? La personalità. Le idee di gioco quando ho la palla tra i piedi. L’aggressività. Difetti? Perdo le staffe facilmente. Sono troppo irruente e commetto errori ingenui, vedi il rigore provocato contro la Juve. Spero sia solo un problema di età. Devo irrobustirmi fisicamente, ma non credo possa definirsi un difetto».
FUTURO – «Ti dico Genoa perché devo maturare in tanti aspetti. E per migliorare ci vuole tempo. Cosa dico a chi pensa che sia meglio far crescere i giovani in categorie minori? Che è meglio far sbagliare un giovane in Serie A che mandarlo in prestito a farsi le cosiddette ossa in categorie minori, perché se correggi i tuoi errori in A, dopo non fallisci più dappertutto. Perciò agli allenatori dico: abbiate il coraggio di farci sbagliare».