Omen nomen piuttosto centrato. Almeria deriva dall’arabo «al-Meraya», cioè «torre di osservazione», merito di un castello moresco chiamato Alcazaba che sovrasta la città e guarda tutti dall’alto. «Un po’ come me dai». Umar Sadiq gonfia il petto e se la ride. Punta di un metro e novanta che ha sempre segnato. Negli ultimi due anni nella città del sole ha segnato 35 gol, dodici in stagione. Oggi è secondo in Serie B spagnola e punta la promozione in Liga: «Fiducia. Ecco il segreto. Quando sento di essere importante do il meglio di me. È successo a Roma con Garcia, a Perugia con Nesta e ora qui».
Sogni realizzati
In Andalusia, ai piedi di un castello, dove Sadiq ha ricominciato a scalare il monte dei sogni a 25 anni. Un paio li ha già realizzati: «Segnare in Serie A e giocare a Old Trafford. Ho sempre tifato Manchester United, guardo tutte le partite. L’anno scorso sono andato lì con il Partizan in Europa League ed è stato come tornare bambino». Quello di Abuja, in Nigeria, piedi scalzi in mezzo alla polvere, sotto il sole: «Il calcio è stato tutto. Tornavo da scuola e giocavo per strada con agli amici». Uno di loro è Abdullahi Nura, arrivato in Italia insieme a lui e oggi fermo per dei problemi al cuore.
«In Italia con due magliette»
Destino beffardo. «Un fenomeno, credimi. Lo disse anche Sabatini». Il primo a credere in quei due sedicenni nigeriani arrivati in Italia con due magliette in valigia. La famiglia Mobilio li ha ospitati a Lavagna, in Liguria, dopo un’intuizione dello Spezia. «Pino è il nostro papà italiano. Abbiamo vissuto a casa sua, legato con i suoi figli, se oggi siamo qui lo dobbiamo a lui. Ci ha insegnato a vivere. La sua famiglia ci ha dato scarpe, vestiti pesanti, cappotti, sciarpe. Quando siamo arrivati avevamo solo vestiti leggeri. Chi l’aveva mai visto, il freddo? Dopo gli allenamenti andavamo a giocare a calciotto nei tornei». La prima palla toccata la dice lunga sulla carriera che farà: elastico e tunnel al centrale. Dopo qualche partita in Serie D con la Lavagnese rientra allo Spezia, 23 gol in Primavera, poi nel 2015 arriva la Roma.
Piedi storti e postura
Il bello è che Sadiq aveva addirittura i piedi storti. L’ha raccontato Pino a gianlucadimarzio.com nel 2016: «All’inizio era sempre infortunato, non capivamo perché, così lo portammo in una clinica per poi curarlo alla Lavagnese. I piedi di Umar andavano verso l’interno. Inoltre la postura non lo aiutava a correre. Quell’anno lì gli è servito per guarire». Sadiq scherza: «Ecco perché sbagliavo qualche gol…». Poi torna serio e ringrazia: «L’Italia è la mia seconda casa. Ogni volta che torno a Lavagna vado nella mia vecchia camera e dormo. Pino mi sgrida ancora per questo, dice che sono un dormiglione».
Nessuno come Garcia
Ora segna a raffica. Come ai tempi della Primavera giallorossa. «Sabatini stravedeva per me. La prima volta che l’ho visto era nervoso, la Roma aveva perso, mi strinse la mano e stop. È un grande però. Quando sbagliavi ti faceva il culo, sul serio. Ricordo una partita in primavera dopo l’esordio in Serie A. Gioco così così, lui lo viene a sapere e mi chiama. ‘Oggi non hai corso, non ti sei impegnato, non ti permettere mai più’. Ci credeva». Come Rudi Garcia, l’allenatore con cui ha segnato i due gol in Serie A: «Il primo contro il Genoa. Indimenticabile. Segno, corro e vado ad abbracciare il mister. Prima delle partite veniva sempre in camera mia per incoraggiarmi. ‘Umar, sei forte. Se segni tanta roba, se non segni va bene lo stesso’. Mia madre, in Nigeria, si è appesa in camera la gigantografia di quel gol all’Olimpico. Mi voleva a Marsiglia, ma avevo già firmato con il Torino». Qualche aneddoto: «De Rossi aiutava chiunque. Ricordo il suo volto all’intervallo, stavamo perdendo. Mi guarda e fa ‘oh, dobbiamo annientarli! Forza!’. E poi Totti. Dopo aver sbagliato un tiro gli dico che se avessi avuto la sua classe avrei segnato. Lui se la ride e risponde. ‘Porti il 45, ‘ndo voi annà co’ quei piedi?’. È stato un esempio per tutti».
Verso la promozione
Con l’addio del francese Sadiq non vede più il campo. Anni difficili. Solo 8 gol dal 2016 al 2019: «Spalletti non mi vedeva. Dopo Roma scelgo Bologna, ma resto fuori sei mesi per un infortunio alla caviglia. In estate svolgo tutta la preparazione con la Roma, segno al Psg in amichevole, ma per Di Francesco non esistevo, così vado al Torino. Dopo due settimane lì prendono un quarto attaccante». Infine i Rangers: «Avrò giocato 3 partite e non ho mai capito perché. Dopo due mesi senza vedere il campo mi schierano titolare in semifinale di Coppa. Assurdo. Certe cose non le ho mai capite. In quegli anni ho avuto continuità solo a Perugia, Nesta mi ha dato fiducia. Segno 3 gol in 6 mesi dopo tre stagioni di buio e mi sento alla grande, poi scelgo il Partizan». E oggi siamo ad Almeria, in cima al castello. «Puntiamo la promozione». Per guardare tutti dall’alto.