Avere 16 anni ed essere chiamato dal Borussia Dortmund. È la storia di Samuele Inácio che, da qualche settimana, ha firmato con i gialloneri. Non è il primo italiano a farlo: Filippo Mane e Luca Reggiani, nei mesi scorsi, hanno lasciato rispettivamente Sampdoria e Sassuolo per volare in Germania. Adesso è stato il turno dell’attaccante, figlio d’arte di Inácio Piá, nato nel 2008 e cresciuto nell’Atalanta.
Lo hanno cercato tutte le più grandi squadre, in Italia e in Europa, soprattutto Manchester City e Bayern Monaco: «Quando sono arrivato a Dortmund, però, non ho avuto dubbi. Abbiamo speso tanto tempo nel valutare la scelta giusta, il Borussia ha sempre valorizzato tutto il settore giovanile e in Italia difficilmente valorizzano i giovani rispetto a fuori. Mi ha colpito il Bayern Monaco per la sua storia quando siamo andati lì, però il Dortmund ci ha fatto vedere tutti i giocatori che hanno preso da fuori, e sono arrivati quasi tutti, rispetto alle altre squadre».
Ha scelto di partire per la Germania da solo, senza i suoi genitori, perché «volevo maturare subito». Studia inglese, fa la scuola in italiano a distanza con sede a Milano e sta imparando anche il tedesco, «la società vuole che sia integrato al 100% e che possa sostenere interviste ed eventi con la lingua locale». In linea generale, «sono stato accolto benissimo. Anche dallo staff. Mi stanno aiutando con il tedesco, rispiegandomi più volte gli esercizi in allenamento».
Un grande salto. Anche nelle selezioni azzurre, Inácio è tenuto molto in considerazione. Nel Dortmund gioca da sottoetà nell’u-19, con l’Italia invece fa parte dell’u-17, dove segna a raffica. «Le strutture sono stupende – ci racconta – e abbiamo a disposizione la sauna e la vasca con il ghiaccio per recuperare, così come i fisioterapisti per i trattamenti o lo chef h24 per cibi salutari. Il convitto è tranquillo, ognuno ha la sua stanza, una bella stanza. E appena esci hai tutto quello che vuoi. Con i compagni ci divertiamo», inoltre «ci hanno spiegato che loro non prendono tanti giocatori dall’estero, ma quelli che prendono è perché ci credono al massimo. Anche in Germania in generale succede questo».
Differenze? «C’è più libertà in campo, almeno qui al Dortmund. Dal punto di vista fisico è simile». Ma gli avversari lo hanno colpito: «Sono forti anche nelle squadre più piccole, abbiamo giocato contro l’ultima in classifica e abbiamo sudato». C’è uno step anche culturale: «In Germania, quello che cambia, è che anche un ragazzo di piccola statura o di età inferiore, può andare in una categoria superiore, mentre in Italia ci sono più paranoie sul fisico e sull’altezza. Qui invece il mister rimane un’ora in più con te per farti migliorare certi aspetti». Il suo idolo è Neymar, ha anche il poster nella sua stanza nel convitto.
Spera di mostrare a tutti la Inácio-mask: «Ho la mia esultanza, con la “mask”, che è nata con mio padre da piccolo. Giocavamo insieme e mi disse di trovare un’esultanza. Quindi fingevo di segnare un gol all’ultimo minuto ed esultavo in vari modi. Un giorno ho provato la maschera e ci è piaciuta. Da lì non l’ho mai lasciata». Suo padre gli ha trasmesso la passione per il calcio: «Mi ha raccontato soprattutto di Napoli, per lui ogni volta si sentiva a suo agio con la città e i tifosi. Il ricordo di mio padre principalmente è a Lecce, quando ero piccolo». Ma lo vedremo ancora in Italia: «Andare in Nazionale è sempre un orgoglio grandissimo. Giocare per l’Italia mi lega tantissimo alla Nazione, il gruppo è fantastico e possiamo fare grandi cose anche quest’anno».