Giovanni Sartori, c’è tutto nel nome: un sarto che in 31 anni nel calcio da direttore sportivo avrà mosso 1000 giocatori ed è stato l’architetto di due favole: Chievo e Atalanta. E ora sta facendo fare un salto di qualità al Bologna.
Direttore Sartori, come combina il suo stile tradizionale con la tecnologia nel lavoro?
«Non ho Whatsapp, vedo 90 partite all’anno dal vivo, le nuove tecnologie sono un ottimo strumento e le utilizzo tranquillamente, ma per età e convinzione resto un cultore del live: ai tempi dell’Atalanta vedevo 200 partite all’anno sul posto».
Come funziona il processo di osservazione ed eventualmente di acquisizione di un giocatore?
«Noi siamo in tanti. Contemporaneamente per un giocatore combiniamo i dati con il video e con l’osservazione live. L’ultimo step è la conoscenza col giocatore, cercare di capire carattere e personalità. Oggi si può fare anche tramite videochiamate. Nel caso specifico di N’Doye è stata una trattativa lunga e difficile, per convincerlo della bontà del progetto e di quanto lo volessimo le chiamate sono state quasi quotidiane per due mesi».
Cosa ci può dire di Thiago Motta?
«È un allenatore che ha un’idea di gioco, ha coraggio e lo trasmette alla squadra. È in un momento di crescita grandissimo. Ha tutto per fare l’allenatore in una grande squadra».
E Zirkzee?
«È un calciatore che conoscevamo, ma non benissimo perché aveva giocato poco, anche al Parma (appena 5 presenze, ndr). Abbiamo ricavato una conoscenza oggettiva durante la stagione dell’Anderlecht in Belgio, quando ha segnato 16 reti. Io ero a Bergamo e l’ho seguito molto, poi sono arrivato a Bologna ed era presente anche nelle loro relazioni, per cui l’abbiamo preso. Ha qualità tecniche e tattiche altissime e notevoli margini di miglioramento. È bello vederlo in campo perché ha il coraggio di fare giocate non banali. Deve diventare forte nelle giocate normali e così si completerà».
Lei non guarda la Premier, o il Barça e Real, giusto? Guarda il calcio che le serve per il suo lavoro…
«Confermo: guardo i giocatori che interessano al Bologna, il calcio dove può arrivare la mia squadra, tutto un altro mercato. Per quanto riguarda le big di Premier o Liga, devo dire che guardo più che altro le seconde squadre».
Se le dico “Chievo”, qual è la prima cosa che le viene in mente?
«Bottagisio, il campo parrocchiale dove giocavamo in Interregionale. Mi vengono i brividi se penso che dall’oratorio siamo arrivati ad un preliminare di Champions. È una storia unica e irripetibile».
E dell’altra sua favola, l’Atalanta?
«Un tempo ogni 4 anni il club faceva l’ascensore tra serie A e B. Poi con i Percassi e Gasperini è cambiato tutto. Oltre al presidente, mi piace citare Luca Percassi che da amministratore del club è diventato uomo di calcio a 360 gradi. E poi Gasperini che per me può diventare come Simeone per l’Atletico o Ferguson per lo United. Lui sta tenendo costantemente l’Atalanta a un livello europeo. Ora sembra una cosa normale, ma la storia del club dice altro».
A 63 anni, si sente un uomo felice?
«Se penso di aver vissuto in carriera due favole come Chievo e Atalanta mi sento fortunato: sono risultati mai immaginati. E ora a Bologna sono contento: si lavora davvero bene».