Le 47 pagine del protocollo stilato dalla commissione medica della Federcalcio sono state analizzate dal Comitato tecnico-scientifico del Governo che ne hanno elencato le criticità. Che porteranno ad un confronto con Paolo Zeppilli e la Federmedici sportivi. La Gazzetta dello Sport elenca i punti critici sottolineati dal Comitato. C’è un punto di scetticismo sottolineato in rosso: i numeri del cosiddetto «gruppo squadra». Comprenderebbe inevitabilmente non solo lo staff tecnico – calciatori, tecnici e preparatori – ma anche quello logistico e medico, dai magazzinieri ai fisioterapisti. Fra le 50 e le 70 persone, un numero che viene ritenuto molto alto. Poi c’è la questione spostamenti, necessari per proseguire il campionato ma che esporrebbero i club a troppi rischi. L’altro punto è la disponibilità di tamponi e test sierologici: una necessità che ha un costo molto alto, al di là dei problemi etici. Solo le squadre di Serie A potrebbero permetterselo.
Il vero problema: se si trova un positivo
Come sottolinea sempre La Gazzetta dello Sport comunque, il vero problema sarebbe nel caso venisse trovato un nuovo calciatore positivo al coronavirus. Il protocollo Figc ha studiato dei meccanismi che consentano di circoscrivere la positività senza fermare tutto: isolamento immediato del calciatore o del membro della staff contagiato, doppio tampone per tutti nelle 24 ore, doppio test sierologico a 5-7 giorni di distanza, ripristino del distanziamento (ci si allena ma senza contatti e partitelle). Per il Comitato tecnico-scientifico non si scappa: vanno messi in quarantena i contatti ravvicinati della persona trovata positiva (quindi, come minimo, squadra e tecnici). Una situazione che di fatto azzererebbe tutta l’operazione ripartenza perché a quel punto bisognerebbe bloccare tutto per due settimane.