Spinazzola a Cronache: «La solitudine, i sacrifici, le frasi di conforto dei miei genitori» (VIDEO)

by Redazione Cronache
spinazzola

Grazie a Nike, Cronache di Spogliatoio ha avuto l’opportunità di intervistare 4 coppie formate da un campione del Mondo e da un talento della Nazionale di oggi. Un giovane del presente che incontra il proprio idolo. L’ultimo contenuto realizzato è stato quello insieme a Gianluca Zambrotta e Leonardo Spinazzola: l’esterno della Roma ha raccontato la propria esperienza, confrontandosi con il campione del Mondo nel 2006.

PREFERENZE DI RUOLO – «Sia io che Zambrotta nasciamo esterni alti, a un destro piace di più giocare a sinistra in modo da rientrare e calciare. Io ho sempre giocato a sinistra, mi hanno abbassato perché facevo pochi gol e perché a questi livelli per giocare esterno alto devi essere bravo spalle alla porta, a giocare tra le linee. Io quando trovo campo e spazi aperti mi trovo meglio. Quando gioco a destra mi adatto, è tutto completamente diverso: la postura del corpo, l’uno contro uno».

SEDUTE E MENTALITÀ – «Il primo anno con Gasperini, che non facevamo l’Europa League, ogni martedì facevamo sui 12 km a seduta. Possessini e finivi con 800 o 1000 metri quasi tutti i martedì. La questione è mentale, poi il corpo si abitua allo sforzo. È una cosa lenta, non è una partita. Fai sempre quello, giri intorno al campo. È una cosa mentale. Se da piccolo hai tecnica, con il fisico devi adattarti a dare sempre il massimo e alzare l’asticella ogni volta che ti alleni. La tecnica ce l’hai o non ce l’hai, puoi migliorare ma se hai una base è normale che dopo è più facile».

RITI SCARAMANTICI – «Non ho molti riti scaramantici. Quando vinci ti ricordi di quello che hai fatto e così lo puoi ripetere. Esercizi per scaldare i muscoli, sempre quelli a ripetizione. Magari i fisioterapisti mi chiedono degli esercizi ai flessori: 6 o 8? E io gli dico 7 perché magari era andata bene una volta. E poi è il mio numero fortunato. Oppure mi metto un parastinco prima di un altro».

INFORTUNI – «A 14 anni mi sono trasferito, ero piccolissimo e lontano dalla famiglia e dagli amici. Il primo mese, pronti via e mi sono fatto veramente male, sono stato fuori due mesi per un’entrata sulla caviglia. Ero in convitto, solo in una camera, ho detto: ‘Mamma vienimi a prendere perché non riesco a stare qui da solo’. Ero a Siena. Poi ho avuto fortuna che era vicino, a un’ora di macchina, ma sempre solo ero. Mia madre veniva sempre con mio padre in macchina e mi dicevano ‘Leo, aspetta un attimo. Sappiamo che è dura ma questi sono i sacrifici che devi fare’. Dopo 5 o 6 mesi non volevo più tornare a Foligno, mi ero abituato. Il crociato, due anni fa, è stato un periodo brutto perché era da tanto che volevo tornare alla Juventus. Durante quel periodo però è nato mio figlio, è stata una fortuna. Tutti i giorni con il sorriso anche se mi faceva male, sei ore a fare esercizi ma tornavo a casa e tutto passava. L’ho vissuta bene».