Di solito si comincia sempre così. Con un errore dettato dall’inesperienza di chi prova a fare qualsiasi cosa per la prima volta. Chi cade mentre prova a montare a cavallo, chi stecca un accordo quando abbraccia la chitarra durante le prime lezioni, chi sbaglia a mescolare i colori da stendere sulla tela. Si sbaglia per imparare, perché si parte sempre dal gradino più basso della conoscenza.
Bene, ora spazzate via tutto ciò che avete appena letto. Ricominciamo da zero.
Immagina di avere 18 anni. Ti svegli al mattino sperando che la tua possa essere una giornata serena, assolutamente normale. Ma sai benissimo che non è più possibile. D’altronde, se i tuoi compagni di classe ti vedono di più in televisione che dal vivo a scuola, cancella dalla mente la parola “normale”. Sali in auto e imbocchi la strada per il campo d’allenamento, sfiorando i tifosi che sono in coda per un autografo. Proprio adesso che appena potresti firmarti le giustificazioni da solo. Ti siedi nel posto che fu di qualche campione, calchi gli stessi campi, respiri la stessa aria. Arriva la domenica. E c’è quella maglia. Una delle più pesanti, specie quando le cose non vanno. Ci sono migliaia di tifosi che ti vogliono bene ma che hanno sempre bisogno di una dimostrazione pratica di attaccamento. Non è facile.
Ecco perché l’errore di Gigio ci avvicina così tanto a lui. Nel momento in cui quel retropassaggio è terminato stancamente oltre la linea di porta, per un secondo abbiamo tutti provato l’imbarazzo di chi sbaglia quando non potrebbe permetterselo. Quante volte abbiamo perso la marcatura, lisciato un tiro a due metri dalla rete, sbagliato un’uscita dopo aver gridato “mia”. Siamo stati tutti il ragazzo di 18 anni che sta provando a prendersi il mondo e che ha sentito gelare il sangue nelle vene. Maledetto calcio, crudele insegnante di vita.
È normale Gigio, terribilmente normale, non ti preoccupare. Anche se tu, ormai, non potrai più esserlo.