Il Manchester United non trova pace ma ha trovato chi può fargliela raggiungere. La strada è ancora lunga ma il metodo ten Hag sul piano della disciplina è quello giusto per riportare veramente al top i Red Devils. Ogni stagione ci sono difficoltà interne: oggi a pagare il conto è Jadon Sancho. L’attaccante inglese è stato messo fuori rosa dal club per motivi disciplinari.
Sancho fuori rosa
Proprio ten Hag, nel postpartita contro l’Arsenal di due domeniche fa, aveva fatto capire senza mezzi termini il motivo della non convocazione del talento inglese per quel match: «Non lo abbiamo chiamato in base a quanto fatto in allenamento». Secondo The Athletic, si sarebbe pure rifiutato di chiedere scusa.
Il rigore di ten Hag
Con ten Hag funziona così. Senza il 100% dell’impegno stai a casa. Ti puoi chiamare Sancho o anche Cristiano Ronaldo. Poco importa. E infatti l’allenatore olandese non ha fatto sconti neanche a uno come CR7: pure lui, nella scorsa stagione, finì fuori rosa. Ronaldo pagò un atteggiamento che per ten Hag fu giudicato inaccettabile: il rapporto tra i due non è mai stato idilliaco ma l’episodio di troppo fu il rifiuto di CR7 di entrare in campo a tre minuti dalla fine. Ronaldo lo confermò: «Mi pento di quel che ho fatto, ma non mi sento uno che può entrare a tre minuti dalla fine». Per ten Hag, la decisione fu semplice: fuori rosa.
Altri precedenti
Ten Hag ha sempre spiegato che questi provvedimenti, al di là dei soggetti coinvolti, siano fondamentali per la mentalità e l’attitudine del gruppo. Nessuno può permettersi di sentirsi superiore al club, pena l’esclusione. A prescindere da nomi o palloni d’oro. L’episodio di Ronaldo, prima di quello di Sancho, era stato il più eclatante. Ma ce ne sono stati almeno altri due a conferma del suo rigore: tipo la fascia da capitano tolta a Maguire, o il veto sul mancato rinnovo di De Gea.
Club first. Al primo posto il club. E poi tutto il resto. Per seguire una squadra prestigiosa come il Manchester United, ma soprattutto per comandare un gruppo fitto di ragazzi pieni di talento, prima delle idee tattiche serve una cosa sola: la credibilità. A Erik ten Hag non gliela insegni mica.