Il nuovo presidente dell’AIA (Associazione Italiana Arbitri), Alfredo Trentalange, ha parlato ai microfoni del Corriere della Sera.
L’IPOTESI DEL VAR A CHIAMATA – «Non si conosce ciò che non si sperimenta, però non decide l’Aia ma l’Ifab. Siamo disponibili a essere un laboratorio permanente. Rincorriamo sempre il calcio, che andrebbe anticipato: mi accontenterei di raggiungerlo».
RINNOVARE – «Abbiamo perso seimila arbitri in sei anni. Servono condivisione, trasparenza, progettualità e innovazione. Ci saranno tavoli tematici dove le piccole sezioni si confronteranno con le grandi. Ma dovremo rendere disponibili voti e relazioni tecniche. E implementare la formazione, prima per i formatori».
LA FORMAZIONE – «Perché scegliere a 14-15 anni se arbitrare o giocare? Un arbitro imparerebbe tanto in uno spogliatoio, un giocatore scoprirebbe un mondo con le squadre arbitrali. E il diverso non farebbe più paura. Qualcuno pensa si cominci per un delirio di onnipotenza, ma non è così. Grazie all’arbitro si gioca alla pari. Il prepotente non ha bisogno di regole. L’arbitro è un ragazzo, poi un uomo, che coglie il rapporto tra giustizia e pace».
LA COMUNICAZIONE – «Dobbiamo imparare a usare i social e far conoscere la persona dietro ogni arbitro. E poi, escluse quelle che chiamano in causa il giudice sportivo, dare chiavi tecniche delle scelte. Rocchi ci ha fatto fare passi avanti, la direzione è quella».