di Giacomo A. Galassi
Non è insolito nella patria del Sol Levante sentir recitare il proverbio: «Anche un viaggio di mille miglia comincia con un singolo passo».
Ecco, il viaggio di Andrea Pirlo nel mondo del calcio parte da Flero, paesino con meno di 10mila abitanti in provincia di Brescia. Un posto dove le attrazioni non sono molte, se non quel pallone con cui Andrea instaura fin da subito un rapporto speciale. «Era un bambino di poche parole, proprio come si vede adesso – racconta a Cronache di Spogliatoio Gino Bolsieri, primo mister che lo ha allenato proprio all’Us Flero – però viveva solo per il calcio. Quando gli altri all’oratorio andavano a giocare dentro con il flipper o con i giochi che c’erano al tempo, lui restava da solo sotto il portico con la sua pallina. E ci restava per ore, da solo con quella pallina».
L’arrivo di Pirlo al Flero
«Me lo portarono che era un anno o due più piccolo rispetto agli altri, ma la differenza di età non si vedeva affatto. Ai tempi si giocava subito a 11, senza il calcio a 5, 7 o 9 come oggi. Il che non penso neanche sia giusto, ma lo costrinse subito a prendere dimestichezza con le grandi dimensioni del campo da gioco. Già da piccolo aveva un grande lancio. Ovviamente con meno potenza rispetto alla sua carriera in Serie A, ma aveva già l’idea della verticalizzazione attraverso il lancio, mettendo la palla nel corridoio per trovare i compagni. Dopo aver fatto qualche anno insieme poi andò da Clerici (Roberto, talent scout fondatore della Voluntas scomparso due anni fa, ndr): tutti i bambini di talento prima passavano da lui, non è come adesso che ci sono le varie Atalanta, il Brescia o la Cremonese. Una volta si andava tutti alla Voluntas».
Il carattere del piccolo Andrea
«Era speciale, un ragazzo parecchio tranquillo. Anche troppo a volte (ride, ndr). Ricordo che ogni tanto gli dicevo: ‘Andrea, fai sentire anche la tua voce’. Quando era fuori dal campo scherzava con grande spensieratezza con i compagni, ma appena prima e dopo le partite si metteva nel suo angolino taciturno, non diceva una parola».
La festa del 2006
«Ora qui a Flero c’è un centro sportivo intitolato ad Andrea. Ricordo che per inaugurarlo dopo il Mondiale del 2006 il Comune organizzò una festa in piazza molto bella, che ha coinvolto tanti bambini che lo guardavano come un idolo e un modello. Ora è un po’ meno legato al paese perché per forza di cose le strade si sono divise. Anche noi ci sentiamo meno: fino ai tempi dell’Inter ci parlavamo piuttosto spesso, ora quasi mai. Più probabile che senta suo padre per sapere come sta».
«Ha sempre amato l’Inter e quando vestì quella maglia era carichissimo e convinto di giocare con continuità. Poi invece non trovò spazio e andò alla Reggina con Baronio e Diana. Fecero un campionato strepitoso e Lucescu vide subito Andrea. Lo chiamò a Brescia e da lì è stata una costante ascesa».
Andrea è diventato allenatore
«Sento tanti dire che è una scommessa, ma lui ha preso il patentino e sta facendo il suo percorso. Io spero e penso che i giocatori della Juventus possano dargli una mano nello spogliatoio. Perché a quei livelli non contano i numeri o i moduli: l’importante è saper mettere i giocatori nei ruoli in cui rendono di più. È una scommessa solo perché si parla della Juve. Fosse stato da qualche altra parte sarebbe stato semplicemente un ex campione del Mondo su una panchina di Serie A. In più alla Juventus avrà uno staff di 20 persone: il problema è solo nella gestione dei rapporti. Dice che ha imparato da Conte, ora vediamo se si toglie un po’ di tranquillità. Non sarà certo come lui ma dovrà imporsi anche a parole per farsi rispettare. Io gli auguro tutto il meglio».
Il paragone con Tonali
«Assolutamente no. Tonali è un buon giocatore ma al massimo lo considero un Gattuso con i piedi migliori. È un buon incontrista e bravo con i piedi, ma paragonarlo a Pirlo non ha senso. Andrea è stato un campione, Tonali deve ancora crescere tanto per fare quello che ha fatto Andrea. Intanto Tonali cominci con la scelta giusta quest’estate: Pirlo andò all’Inter e fu durissima perché non giocava. Spesso sono le singole decisioni che determinano la carriera».
Il portentoso viaggio di Andrea Pirlo si appresta ad aggiungere la tappa di Torino, sponda Juventus. E come il sole sorge a est, la sua carriera si appresta ad albeggiare in una nuova esperienza.