A metà chiacchierata apre lo scrigno. Tira fuori una foto. «Qui sono con mia nonna e mio fratello all’oratorio di Santa Rita, Novara. Ho appena colpito una traversa all’ultimo rigore di un torneo, in finale. Volevo sotterrarmi». E se la ride, prima di fermarsi un attimo. Alessio Zerbin fissa lo schermo dell’Iphone e non dice nulla, poi riprende. In quei tre secondi avrà pensato a cos’è successo negli ultimi dieci anni. Lui stellina a Frosinone, lui in Serie D a Gozzano, lui a Vercelli in C, lui che gioca un’ora in Prima Categoria a 15 anni, con il Suno, sotto la pioggia. «Pesavo si è no 55 chili, un fuscello dai capelli biondi». Come il bambino della foto, caschetto d’oro con la medaglia in mano. Il dieci sui pantaloncini. Gli affetti accanto: «A quei tempi facevo la punta, impazzivo per Torres». Oggi strega la B da esterno sinistro, 7 gol e 2 assist in 25 partite, 23 anni compiuti a marzo. «A Frosinone c’è tutto per crescere, vogliamo i playoff, poi chissà cosa succederà».
«Michael Jordan, esempio»
Dietro gli occhi azzurri di Zerbin c’è un ragazzo umile e deciso, tranquillo e ambizioso. Lo incontriamo al Benito Stirpe, lo stadio di casa. Jeans, maglia scura, giubbotto nero. Semplicità. Per metterlo a suo agio gli facciamo vedere un video di un suo gol realizzato a Gozzano, a 17 anni, destro a giro sul secondo palo: «È la mia zolla – racconta a Cronache – mi viene naturale. Quest’anno ci sto lavorando di più, avrò calciato centinaia di volte in allenamento. Mi fermo dopo le sedute. Provo, sbaglio, riprovo, sbaglio ancora, magari altre dieci e venti volte, ma non mollo mai. Da grande fan dell’NBA mi rifaccio a una frase di Michael Jordan: ’Posso accettare la sconfitta, ma non di rinunciare a provarci’. Mi rispecchia molto».
«Io in Prima Categoria…»
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Il basket gli ha insegnato la prima regola della scalata, mai guardare la vetta: «Da ragazzino andavo a letto alle 3 per vedere i playoff, sono un fan di Stephen Curry e tifo Golden State. A 17 anni ero in Serie D, a 15 in Prima Categoria». Il ricordo di cui va più fiero: «Ero stato appena scartato dall’Inter dopo anni nelle giovanili, così vado al Suno, una scuola calcio affiliata ai nerazzurri. A un certo punto, dopo qualche allenamento con ‘i grandi’, mi ritrovo in Prima accanto ai trentenni. Avrò giocato un’oretta scarsa. Pioveva a dirotto, il campo era un pantano di acqua e fango, la maglia mi stava tre volte, ma è un flash che mi emoziona ancora. Sinonimo di sacrificio, anche della mia famiglia. Quando giocavo nell’Inter facevano avanti e indietro da Novara. Mio nonno avrà fatto migliaia di chilometri per portarmi ad Appiano. Se sono qui, è merito loro».
In giro per l’Europa
Dall’oratorio ai nerazzurri. «Da piccolo tifavo Inter. Quando la squadra perdeva cercavo scuse per non andare a scuola. Con il gruppo dei ’99 giravamo l’Europa: Spagna, Olanda, Repubblica Ceca, Francia, Andorra. L’Ajax era fortissimo, forse avrò affrontato anche De Ligt. Abbiamo la stessa età. C’era anche Pinamonti con noi». Nel 2013 l’addio: «Non mi hanno reputato pronto, succede, per questo non ho mai avuto un senso di rivincita. Sono stato bravo a ripartire, ci ho sempre creduto. Oggi mi diverto, non posso dire che ‘lavoro’. Mio padre fa l’operaio, mentre mia madre lavora in una panetteria. Loro sì, lavorano».
Zerbin contro Messias e Brahim Diaz
Angeli custodi. «Dopo il Suno mi ha preso il Gozzano. Nel 2016, a 17 anni, mi schierano dal 1′ l’ultima partita contro il Ligorna: tripletta. La stagione successiva segno 5 gol in 17 partite e poi firmo con il Napoli a gennaio, dopo aver sfidato Messias con il Chieri. Una sliding doors inaspettata. C’era stato qualche discorso con la Juve, ma la proposta degli azzurri era la più concreta». Primavera, Viareggio, Youth League: «Quattro gol in 6 partite nel 2017-18, uno di questi al Manchester City. All’andata Brahim Diaz ci ha fatto una doppietta. Doveva esserci anche Foden. Ripartire dalla Serie D è stata la cosa migliore mai fatta. Molti hanno pensato al fallimento, in realtà mi ha cambiato la vita. Tutto è partito da lì».
Insigne, Napoli e futuro
Zerbin è in prestito dal Napoli. Dopo Viterbese, Cesena e Pro Vercelli è alla prima esperienza in B: «Giuntoli mi ha chiamato per farmi i complimenti dopo il gol segnato al Pisa. So che ci tiene, me l’ha dimostrato anche nei due ritiri con Ancelotti e Gattuso». Qualche scherzo: «Un giorno, dopo una partitella persa, mi hanno fatto buttare in una pozzanghera per punizione. Insigne mi ha preso a pallonate. Forte forte lui, ma i paragoni tra noi non hanno senso. So che sono in prestito, che a fine anno discuterò il mio futuro e che gioco nel suo ruolo, ma Insigne è Insigne. Semplicemente la storia del Napoli».
9 luglio 2006: Grosso
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Alessio deve molto anche a Mertens: «A fine allenamento mi dava consigli su come calciare. ‘Prendi il pallone così, mettila in questo modo. Mi è servito molto». Ora se lo gode Grosso. «Ogni tanto penso a dov’ero il 9 luglio 2006. Io, mio fratello piccolo e papà. Il mio primo ricordo di calcio. Il mister parla poco del suo passato, non è uno di quelli che fa esempi su se stesso. Abbiamo un gran rapporto. Se sono cresciuto così tanto lo devo a lui. Se penso all’Alessio Zerbin di un mese fa e a quello di oggi, non c’è paragone». Un grazie anche ai compagni: «Sono tranquillo e coccolato, mi vogliono tutti bene. Gatti avrà un gran futuro. L’anno scorso mi marcava in Serie C, il prossimo anno giocherà nella Juve. Si merita tutto».
Assist a Scamacca
Un altro pupillo è Gianluca Scamacca: «Abbiamo giocato insieme nell’Under 18. Ricordo un Italia-Danimarca 4-4 del 2017, doppietta sua e assist mio. Se devo scommettere su un giovane faccio il suo nome». A proposito di giovani: «Io ho 23 anni e non mi reputo tale. I giovani, per me, sono i 2002 e i 2003. In Italia c’è una politica diversa, ma sono sincero e autocritico: 5 anni fa non meritavo di giocare in Serie B o in Serie A, ora posso sognare con cognizione di causa. Vorrei giocare ad alti livelli». Prima il Frosinone però, settimo a 51 punti. Un’oasi felice in attesa di conoscere il futuro: «La squadra è forte, i tifosi fanno la differenza. Tra le prime otto abbiamo perso solo contro il Monza. Vogliamo avere qualcosa da raccontare». Come una traversa all’ultimo rigore. Come un pomeriggio zuppo in Prima Categoria. Il campo base di Alessio Zerbin.